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Cogliamo l’occasione della vittoria del Premio Franco Fedeli 2015 di Piergiorgio Pulixi con Il Canto degli innocenti per complimentarci con lui e riportare la cronaca dell’incontro del 28 ottobre.

Il 28 ottobre 2015 mestierelibro ha inaugurato i suoi corsi presso la sede di Baratto Libero. La serata si è conclusa con una visita presso la Ubik di Monterotondo per assistere a un nuovo incontro con i libri di Piergiorgio Pulixi autore prolifico e comunicativo che qui a Monterotondo ha un seguito di fedeli lettori. L’autore ha presentato Per sempre, terzo capitolo della saga dell’ispettore Biagio Mazzeo.

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PER SEMPRE
Piergiorgio Pulixi
edizioni E/O
2015, pp. 304
ISBN: 9788866326847
Collana: Sabot/age
Disponibile in ebook
€ 16,50

 

 

La paura è più forte dell’amore e l’ispettore Mazzeo l’ha vissuto sulla sua pelle.
Per la prima volta il poliziotto è tentato di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare da zero con Nicky, la ragazzina che gli è stata affidata. I suoi nemici non sono dello stesso parere e lottare per la sopravvivenza sarà di nuovo l’unica opzione possibile.
Mazzeo, combattuto tra il desiderio di essere un capo freddo e temuto come Ivankov, il mafioso ceceno da cui è ossessionato, e l’amore fraterno per i suoi uomini, dovrà decidere una volta per tutte chi essere e da che parte stare, e scegliere tra l’amore per la sua “famiglia” e il potere. In un finale che cambierà per sempre il suo destino, Mazzeo scoprirà che la vendetta non è un’arte ma una scienza. (dalla quarta di copertina)

Piergiorgio Pulixi, La notte delle pantere

 

La presentazione si apre con i complimenti all’autore per la vittoria del Premio Glauco Felici 2015 con il romanzo La notte delle pantere Edizioni E/O, secondo capitolo della saga dell’ispettore Biagio Mazzeo.

Il terzo capitolo, appena uscito in libreria, Per sempre, ha per protagonista l’ispettore Mazzeo, capo del “branco”, la squadra della sezione narcotici che agisce in una città a cui l’autore preferisce non dare un nome. In uno dei precedenti incontri Pulixi ne aveva spiegato il perché.
Le ambientazioni in cui si svolgono le mie storie sono “non luoghi”. Scrivo polizieschi e il mio autore di riferimento è Ed McBain con la sua serie di romanzi dell’87º Distretto. McBain non localizzava le sue storie in una città reale e lo faceva per non avere limitazioni dal punto di vista narrativo. Io non volevo che il luogo prevalesse sui personaggi. Per questo motivo chiamo la città immaginaria “giungla”.

In questo ultimo romanzo l’evoluzione della storia porterà Mazzeo a scendere a compromessi per salvare il suo “branco”.

Per sempre è il romanzo delle conseguenze. L’ispettore inizierà a fare i conti con quello che significa essere capo e con le responsabilità che comporta. Ivankov lo aveva avvisato di non abbandonarsi all’amore, ma Mazzeo non è un filosofo, non ha fatto studi classici, è un uomo che viene dalla strada, vuole tutto e lo vuole subito, e inizierà a pagarne le conseguenze.
L’uomo della copertina rappresenta Mazzeo che, sotto la camicia squarciata, mostra quello che gli brucia nel petto: un uomo mentre avanza fra le fiamme. Quell’uomo è Ivankov”

E se da un lato Mazzeo attrae per il suo “magnetismo animale”, come lo chiama Piergiorgio, ci sono momenti in cui l’«uomo» mostra le sue debolezze. Il personaggio di Mazzeo è costruito fin nei minimi dettagli, come gli altri personaggi, tutti ben delineati e riconoscibili nelle loro caratteristiche. Alla domanda se tecnicamente si costruisce prima il personaggio o la storia Piergiorgio risponde che la storia di Biagio Mazzeo è corale.
Ciascun personaggio ha una sua storia individuale e ogni storia si incastra e fa parte di un progetto più complesso e ampio. Quando penso al romanzo penso a un mostro con tante teste. Tecnicamente sto dentro questa storia da tempo. Il primo libro è uscito nel 2012. Ho studiato il personaggio di Mazzeo per circa tre anni ed è la summa di varie persone, anche reali.
Pulixi dice di mantenersi distante rispetto alla fisicità dei personaggi, mentre scava nel vissuto più intimo, senza compiacimento, ma per dare spessore alle infinite sfaccettature che ne fanno il carattere.

Piergiorgio PulixiUso la tecnica della “prospettiva variabile” cerco di mollare il personaggio negli attimi cruciali per lasciare il lettore con il fiato sospeso e spingerlo a proseguire fino alla fine. Questa tecnica è tipica degli sceneggiatori. Quando iniziamo a lavorare abbiamo già la scaletta con tutte le scene preparate, sappiamo anche in quale giorno andremo a lavorare su quella scena, seguendo la scaletta. Andando avanti con il lavoro di costruzione, scena dopo scena, ogni personaggio diventa parte di te e tu parte di lui. L’autore, il romanziere, è molto più simile all’attore, si deve calare totalmente nel personaggio, diventare e agire come lui e a volte i personaggi diventano fantasmi dentro cui ti cali e questo fa si che il lettore si trovi a vivere direttamente la storia, viene teletrasportato in una dimensione altra che è qualcosa di più che leggere.
Secondo me tutte le azioni di Biagio sono dettate dall’amore anche se la sua storia parte dalle violenze subite dell’infanzia, dal momento stesso in cui ruba una bambola per regalarla alla sua amica Donna. Questa sarà la motivazione più grande a spingerlo verso la vendetta. Tutto il libro si gioca sulla vendetta e sulla dualità fra la vendetta degli uomini e la vendetta delle donne, più fredde, pratiche, razionali, capaci di comprendere che la morte non è il punto più alto della vendetta, ma è piuttosto la privazione di quanto di più caro abbiamo. Le donne vendicatrici sanno capire dove colpire e soprattutto quando.

Il ruolo delle donne è fondamentale nella vita di Mazzeo a partire dal legame con la madre, la prima donna importante nella sua vita, un rapporto affettivo viscerale che ora riversa su Niki, la figlia del suo collega, nata insieme alla squadra e ormai adolescente. Un personaggio apparso anche nel precedente libro di Pulixi Il canto degli innocenti.
La figura della madre è completamente defilata nel romanzo, anche se l’autore racconta di aver creato una serie di scene con lei come protagonista. Successivamente, in fase di editing, l’editor ha consigliato la scelta di lasciare la madre in ombra, per creare un’ulteriore slabbratura nella vita di Biagio, derivata dal suo non accettare la sottomissione della madre alla violenza del marito. Nelle scene tagliate il rapporto fra madre e figlio aveva un preciso movimento nello scorrere della storia, che si manifestava nei momenti in cui la donna, per sottrarre il bambino alla crudeltà del padre lo mandava a giocare per strada. Di fondo Mazzeo è un fragile, la sua insicurezza è causata dai disagi vissuti nell’infanzia, compensati ora dalla forza e dal coraggio delle persone che gli sono vicine.

Piergiorgio Pulixi, Per semprePer Niki, invece, Biagio rappresenta la figura dell’eroe: è un uomo di potere, fisicamente possente, ricco, il loro rapporto è idilliaco e quando è con Niki il resto non esiste: è la parte più pulita di lui. questa ragazzina l’ha cresciuta, è nata insieme alla squadra e Biagio vuole per lei un futuro diverso dal suo. È questo il dramma che vivrà nel romanzo.
Quando scrivi un romanzo non puoi avere dei filtri, sei schiavo della storia, devi portare il lettore dove la storia porta i personaggi. La storia dove le emozioni sono così forti e la voglia di vivere si estrinseca negli istanti più violenti. C’è una scena di sesso molto forte e racconta di un personaggio completamente allo sbando. Una scena delle più particolari del noir, ma per me era necessaria perché Biagio doveva risvegliare, in quel particolare momento, i suoi istinti più bestiali.
Per sempre è ispirato al Macbeth di Shakespeare. Avevo l’idea di portare l’epica, la tragedia classica dentro il noir. Sono partito dai romanzi d’appendice dell’ottocento, da Hugo o Dumas per raggiungere la tragedia classica, una tragedia che rimanesse ancorata al presente. Mazzeo è un personaggio tragico e come Macbeth pagherà le conseguenze delle sue azioni.
E qui Piergiorgio cita R.L. Stevenson: Tutti, prima o poi, siedono a un banchetto di conseguenze.

Il titolo Per sempre è ripreso dalla canzone di Nina Arzilli, è la canzone di Biagio e Niki. Questa saga ha per tema le relazioni familiari, anche quelle che non sono di sangue e le parole della canzone sembrano proprio descrivere Biagio: un uomo che affoga nei suoi errori, che ha finto di essere qualcuno diverso da lui. Questa è la canzone di Biagio e di Niki. Lo ha capito Biagio appena l’ha sentita.
Il titolo originario del libro era: Qualcosa per cui morire, ma in editoria è vietato mettere nel titolo qualcosa legato alla morte. Di solito non scrivo mai quando sono in tourn, perché i vari spostamenti e gli incontri con il pubblico mi distraggono dalla scrittura, ma in questo caso volevo avere un legame con i lettori e in questi giorni sto scrivendo le ultime pagine del quarto romanzo che uscirà a maggio.

Piergiorgio PulixiPiergiorgio si è dimostrato interessato e attento alle domande dei lettori e degli allievi dei corsi di mestierelibro, proponendo consigli e riflessioni sulla scrittura e sul laboratorio dello scrittore.

Per scrivere occorre sapere usare tutti i ferri del mestiere e soprattutto quando scrivi devi essere tantissime cose: attore, psicologo, poliziotto, giornalista, medico e così via. Si può imparare a scrivere, ma occorre avere anche un pizzico di talento. E poi occorre tanta disciplina. Io mi alzo alle 5 del mattino e scrivo per circa 4 ore. Tutti i giorni, anche quando non ne ho voglia, ma è il mio lavoro: quando devi andare al lavoro lo fai anche se non ne hai voglia.

L’autore
Piergiorgio Pulixi è nato a Cagliari nel 1982. Fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de Fogu, (edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco inserito nel trittico noir Donne a Perdere (Edizioni E/O 2010). È autore della saga poliziesca di Biagio Mazzeo iniziata col noir Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir italiano e 50/50 Thriller, e finalista al Premio Camaiore 2013, e proseguita con La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014) e Per sempre (edizioni E/O 2015). Nel 2014 per Rizzoli ha pubblicato anche il romanzo Padre Nostro e il thriller psicologico L’appuntamento (Edizioni E/O), miglior thriller 2014 per i lettori di 50/50 Thriller. Nel 2015 ha dato alle stampe Il Canto degli innocenti (Edizioni E/O) primo libro della serie thriller I Canti del Male.
Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sul Manifesto, Left, Micromega e Svolgimento, e in diverse antologie. I suoi romanzi sono in corso di pubblicazione negli Stati Uniti, Canada, e Regno Unito. (dal sito della casa editrice)

Giusi R.

Dopo averci fatto fare un salto nell’Ottocento con La giostra dei fiori spezzati (qui la recensione) è tornato, alla libreria Ubik di Monterotondo, Matteo Strukul per presentare un nuovo capitolo della saga di Mila Zago. Eroina contemporanea, bounty killer del nord-est padano, Mila continua a sorprendere i suoi lettori in Cucciolo d’uomo – la promessa di Mila, terzo romanzo della serie, che segue La ballata di Mila e Regina nera. La giustizia di Mila.
Ma partiamo dall’inizio con La ballata di Mila

La ballata di Mila, Matteo Strukul

 

La ballata di Mila
Matteo Strukul
Edizioni E/O
Collana: Sabot/age
ISBN: 9788866320166
Pagine: 224
Data di pubblicazione: 24 agosto 2011
prezzo di copertina 17,00 Euro
Disponibile in eBook

 

Mila Zago è cresciuta inseguendo la sua vendetta, educata dal nonno che l’ha istruita allenata sostenuta, ora è pronta ad affilare le lame, per affrontare e distruggere chi le ha cancellato l’infanzia. L’autore ce la presenta in tutta la sua fisicità.

Mila è uno schianto: statura media, dreadlock rossi, occhi verdi, bella da mozzare il fiato, spietata da averne terrore.

Il personaggio di Mila Zago esordisce in libreria nel luglio del 2011 con il titolo La ballata di Mila, primo romanzo della serie e primo di Matteo Strukul, a inaugurare la collana Sabot-age della casa editrice E/O. Il romanzo, semifinalista al Premio Scerbanenco 2011, ha vinto il Premio speciale Valpolicella 2011.

La copertina del libro, su uno sfondo rosso sangue, riporta l’immagine di una ragazza con lunghi dreadlock rossi, gli occhi chiusi ad aspettare la morte e una pistola puntata alla nuca. Un ritratto che la lettura del libro ribalterà del tutto.
Alla narrazione lineare dei fatti si alterna il diario/confessione di Mila in una sorta di flash back. L’espediente consente al lettore di conoscere l’evoluzione di una bambina, figlia di un investigatore di polizia, che si trasforma in killer spietata, dopo l’uccisione del padre e lo stupro subito da parte degli assassini.
La gang criminale di Rossano Pagnan deve contendersi il territorio del nord est italiano con la mafia cinese dei Pugnali parlanti di Guo Xiaoping in una sorta di duello all’ultimo sterminio, ma i due criminali non hanno messo in conto la vendetta di Mila, preparata in anni di lunghi estenuanti e fruttuosi allenamenti. Le azioni procedono a ritmo incalzante che non concede tregua, come il piano di vendetta di Mila, organizzato nei minimi dettagli. Azione e diario si alternano con ritmi e stili distanti e distante dalla Mila vendicatrice appare la Mila che si narra alla Dottoressa Chiara Berton.
La lingua del racconto di pura azione è quella dei fumetti, fatta di iperbole, ironia, grottesco in un incrocio di pulp, western, horror, noir. L’intento è far emergere i personaggi fumettistici dallo stereotipo, per tentare di abitare la realtà. Il romanzo è narrato da Strukul con uno stile che riproduce scenari e tecniche cinematografiche. L’autore ricorre a tagli netti, crude sequenze mozzafiato, onomatopee, attinge al pulp letterario e filmico di Joe Lansdale e Quentin Tarantino là dove le situazioni, anche più cruente, sono stemperate da una gradazione ironica, di denuncia critica nei confronti di una società in cui convivono e spesso si spalleggiano criminalità e legalità.
Strukul utilizza sequenze velocissime da road-movie e proprio la colonna sonora del film Easy Rider di Dennis Hopper, ritroviamo citata nell’explicit del romanzo:

La voce bassa e piena di John Kay cominciò a far rotolare le prime parole di Born to be wild nell’abitacolo.

Incipit
Chen strinse gli occhi. Due fessure sottili su cui gocciolava liquido rosso. Dai tagli profondi sulla fronte il sangue scendeva creando un velo che gli offuscava lo sguardo.
Una promessa di morte.

Il passaggio da ricordare

Un istinto strano si fece largo un po’ alla volta.
L’istinto di un predatore.
Rimasi in silenzio per un anno intero. Ai miei nonni parlavo con lo sguardo. Loro rispettavano il mio dolore.

pregio il ritmo
principio attivo la vendetta
essenza magica la perseveranza
controindicazioni sconsigliato ai deboli di stomaco

 

Cucciolo d'uomo - la promessa di MilaCucciolo d’uomo – la promessa di Mila
Matteo Strukul
Edizioni E/O
Collana: Sabot/age
Area geografica: Autori italiani
ISBN: 9788866326090
Pagine: 192
Data di pubblicazione: 22 aprile 2015
prezzo di copertina 16,00 euro

Libreria Ubik di Monterotondo

Matteo Strukul

I tre libri della serie di Mila

A condurre l’incontro Chiara Calò

Se La ballata di Mila era rock, l’ultimo capitolo della saga di Mila Zago può dirsi un’opera lirica. Come è nata Mila Zago? Che donna è?

Mila Zago nasce dalla mia riflessione di lettore sulla mancanza, nella narrativa italiana noir o pulp, di un personaggio femminile che fosse protagonista assoluta e non comprimaria di una figura maschile predominante, una donna ancorata alla territorialità in cui riconoscersi e che mi appartiene personalmente. C’erano le solite dark Lady, più che altro stereotipi dei modelli americani, seducenti e malefiche e quindi ho pensato di rovesciare questo modello. Alla fine penso che Mila rappresenti molte delle donne italiane, anche se l’invenzione è qualcosa che va oltre la realtà. Le donne sono più interessanti da raccontare perché riservano molte più contraddizioni.

La buona legge di Maria Sole, Luigi Romolo Carrino

La buona legge di Maria Sole

Due personaggi come Mila o Maria Sole, di Luigi Romolo Carrino ne La buona legge di Mariasole, altro romanzo della collana Sabot-age, ma ambientato a Napoli, rappresentano due donne molto forti. Il luogo, l’ambientazione, dà identità e io voglio avere un romanzo fortemente identitario e credo che le culture si raccontino anche attraverso i luoghi. L’Italia è un insieme di tante culture. La marcia in più per me è stata quella di ancorare la storia all’elemento del reale anche se non voglio che il reale cancelli l’aspetto dell’invenzione.

Cucciolo d’uomo – la promessa di Mila racconta realtà terribili di cui conosciamo l’esistenza ma non ce ne interessiamo: parlo delle baby factory.

Matteo Strukul

Matteo Strukul

E’ evidente che il tema dei profughi è attuale e di dominio pubblico, ma nel racconto fatto dai media viene occultata la parte dell’attività criminale:“McMafia” è stato definito. Alcune mafie, come quelle nigeriane, che analizzo nel libro, sfruttano questo esodo per fare consegnare bimbi o donne alle attività criminali, comprese le attività di adozione illegale.
Un bambino di colore, a cui è stato tolto l’uso della parola, è la forza incredibile che muove in Mila il suo istinto materno e il motivo scatenante per cui ho voluto raccontare questa storia.

Quali sono stati i tuoi esordi da lettore?

Matteo Strukul

firma copie

Ho iniziato con l’Iliade, e il personaggio che amo di più è Aiace il Telamonio, una figura di guerriero romantico che mi è rimasta addosso. Dopo aver letto I tre moschettieri sono rimasto fedele a quel modello, infatti i tre romanzi della serie dedicata a Mila si rifanno ai tre romanzi di Alexandre Dumas legati alle avventure dei moschettieri. In seguito ho letto tutta la letteratura per ragazzi. E poi Shakespeare, Shiller, Ibsen.
In questo romanzo ho inserito Tolstoj citando il cane Bulka un personaggio delle sue fiabe.
Recentemente ho adorato Nicolaj Lilin un autore che invece di buttarsi nell’autobiografismo ha creato un mondo che prima non c’era.

L’autore

Matteo Strukul è nato a Padova nel 1973. Laureato in legge, è dottore di ricerca in diritto europeo dei contratti. Scoperto dallo scrittore Massimo Carlotto, è ideatore e fondatore di Sugarpulp e collabora con «Il Venerdì di Repubblica» e altre riviste e quotidiani. Nel 2011 ha pubblicato nella Collezione Sabot/age delle Edizioni E/O La ballata di Mila, cui ha fatto seguito nel 2013 Regina nera. Nel 2014 è uscito La giostra dei fiori spezzati (Mondadori). Cucciolo d’uomo è il suo quarto romanzo. La saga di Mila è stata opzionata per il cinema ed è in corso di pubblicazione in quindici Paesi nel mondo fra cui Usa, Regno Unito, Canada, Australia, India e Nuova Zelanda. Matteo vive insieme a sua moglie Silvia fra Padova e Berlino. Il suo sito internet è: www.matteostrukul.com.

(dal sito della casa editrice E/O)

Giusi R.

È sempre un piacere incontrare alla Ubik di Monterotondo gli autori più gettonati, dai lettori e dai librai
Valentina Nardoni ha presentato i romanzi di Domenico Dara e Piergiorgio Pulixi, rigorosamente in ordine alfabetico, come due libri e due generi completamente diversi. Gli stessi protagonisti, sono figure del tutto opposte.

Domenico Dara, Piergiorgio Pulixi

Foto ©Mestierelibro

Breve trattato sulle coincidenze, Nutrimenti edizioni, romanzo ambientato in Calabria nel 1969, ha per protagonista un postino, uomo solitario che ha difficoltà a rapportarsi con le donne ma con il dono di imitare le grafie altrui. Per lui si tratta di “registrare, in forma di coincidenze, le epifanie del Caso”. Ne conosceremo il nome e il suo particolare significato solo all’ultima riga del romanzo.

Domenico Dara, Breve trattato sulle coincidenze

Piergiorgio Pulixi, Valentina Nardoni, Domenico Dara

Il canto degli innocenti, Edizioni e/o, invece, mette in scena un nuovo commissario di polizia, Vito Strega, un personaggio che, a differenza del postino, “strega” le donne che gravitano intorno a lui. Primo romanzo del progetto I canti del Male: una saga composta da tredici thriller che promettono coinvolgimento e riflessione.

La presentazione inizia con il romanzo di Domenico Dara

Domenico Dara

Domenico Dara

Breve trattato sulle coincidenze è un romanzo ambientato nel momento storico dello sbarco sulla luna, all’interno di un microcosmo, il piccolo paese calabrese di Girifalco, dove la narrazione gioca sull’intreccio di storie e personaggi che si attraggono l’un l’altro. Un vero studio antropologico sulla realtà calabrese che sottolinea l’importanza della figura della donna.

I paesani, le mogli, le madri si nascondono dietro le persiane per chiacchierare del tempo dei sogni, dell’amore e per nascondere segreti importanti. È ancora così?

Non posso parlare della donna se non inizio dal protagonista e dal suo particolare modo di guardare le donne in una società profondamente matriarcale dove la figura femminile è declinata in tutte le sue sfumature. Il postino è un voyeur, sia esistenziale che erotico. Per lui le donne sono da guardare da lontano, non sopporta il contatto umano. Un comportamento verso il mondo che dà centralità alla vista.

Il postino sa tutto del paese e si muove al suo interno per conoscerne il passato, il presente e cambiare il futuro. Il postino è una figura molto colta. Quanto c’è di reale in lui? Il personaggio è ispirato a una figura mitologica e letteraria in particolare?

Domenico DariaDi reale c’è poco. Il riferimento alla mitologia greca è chiaro. Il postino è Ermes: il tramite di comunicazione tra terreno e divino. Il postino è un demiurgo con compiti analoghi a un dio creatore e ordinatore anche se, aprire leggere e modificare le lettere indirizzate ai cittadini è intrufolarsi nelle vite altrui. Il problema del libro era rendere il postino un personaggio positivo, nonostante questa sua presunzione. Per farlo occorreva renderlo un giustiziere, in questo modo, infervorati dalla ricerca di giustizia, possiamo dimenticare la sua colpa. Scopriamo il suo nome solo alla fine del libro perché non è un nome usuale e ha un suo significato che spiega molte cose e ci spinge a rileggere il libro. E allora ci si chiede: ma questo postino è un personaggio reale o un’entità; è il destino che si è personificato nel postino, è un elemento del compiersi in un destino? Il libro offre diversi livelli di lettura.
Quello politico/sociale che si personifica in Ciccio il rosso, l’istanza politica del libro, che lotta contro il sindaco per impedire l’apertura della discarica e arriva a scrivere una lettera a Enrico Berlinguer.
L’aspetto amoroso, che è fondamentale. La prima lettera che incuriosisce il postino è una lettera senza mittente, con un sigillo di ceralacca e un mistero nascosto. È una lettera d’amore, e lui sa riconoscere le lettere d’amore.
La ricerca del senso. Il postino è assillato dal senso della vita e della venuta al mondo. A lui piace la fiaba di Pollicino, lo affascinano quei sassolini bianchi che indicano la via da percorrere, e si chiede se quei sassolini non siano coincidenze che ci indicano la strada.
L’uso della lingua, un misto di italiano e calabrese. Ho impiegato nove anni per scrivere il libro e tre anni sono serviti solo per curare l’aspetto linguistico del libro, per rendere la lingua fruibile dal pubblico.

 La parola passa a Piergiorgio Pulixi e al suo Il canto degli innocenti

Piergiorgio Pulixi, Il canto degli innocentiPer appartenenza al genere vorrei dire che le coincidenze non esistono ma ascoltando Domenico penso che nella mia vita ce ne siano state molte, non come coincidenze in quanto tali, ma perché credo che le persone si influenzino, credo nella loro energia.

Questo è il primo libro di una serie che ha per protagonista il commissario Vito Strega. Le sue donne sono tutte in carriera, diverse dalle donne calabresi che racconta Domenico. Come hai lavorato per la costruzione dei personaggi nella storia?

Nell’ambiente maschilista in cui lavora, Vito Strega sente un disagio nel rapporto fra i suoi colleghi e qui trovo alcune similitudini con il postino, ma quando interviene lui, a differenza del postino, il destino ha già fatto il suo corso. Se lui non fosse già circondato da molte figure femminili, le cercherebbe perché quasi inconsapevolmente desidera la presenza delle donne per alleviare il peso del lavoro e dei suoi tormenti. Fra le donne c’è anche una gatta nera e gelosa, Sofia, lei si è presentata da sola e non se ne è più andata, è autonoma come tutti i gatti. Non è lei ad avere bisogno di Vito, ma il contrario.

Piergiorgio Pulixi

Piergiorgio Pulixi

Incuriosisce che lui vada ad indagare non solo nelle famiglie delle vittime ma anche degli assassini, che sono tutti ragazzini.

Si, gli omicidi avvengono tutti per mano di adolescenti fra i 14 e i 16 anni, tutti con la stessa modalità. La particolarità di questi omicidi è che i ragazzi/carnefici non scappano mai dalla scena del crimine. Le ipotesi per spiegare questo comportamento anomalo sono molte. Si pensa a una sorta di ribellione collettiva, a un ideale, ma il punto focale è la famiglia. L’adolescenza è un momento di crescita molto particolare che corrisponde a un periodo di crisi, difficile da superare. In questi tempi di crisi sociale e famigliare, che vede spesso i genitori perdere il lavoro, gli adolescenti non hanno punti di riferimento sicuri, e visto che non hanno più un faro che li guidi e li sostenga, se lo vanno a cercare, o lo creano sul web. La loro alienazione tracima in questo mezzo pericoloso, se non controllato, un romanzo sulla transizione fra gli adolescenti e il mondo degli adulti. L’argomento dei possibili pericoli del web crea un legame con il mio romanzo precedente “L’appuntamento“.

Rispetto ai videogiochi, alla dipendenza, all’alienazione e al rapporto con un mondo virtuale ripensando proprio al tuo precedente romanzo, “L’appuntamento”, tu frequenti qualche videogioco?

Esistono videogiochi simili a quelli che racconto, li ho frequentati per scrivere il libro. I videogiochi hanno una drammaturgia in cui tu sei il protagonista e dal punto di vista narrativo sono molto coinvolgenti e ti permettono di allontanare tutte le ansie della vita. Nei videogiochi on-line ci sono 2 identità: quella virtuale e quella reale. Questo tema del doppio è molto affascinante ma anche pericoloso, perché i ragazzini del romanzo hanno perso il contatto con la realtà.

È un gioco psicologico in cui questi giovani omicidi agiscono in modo inconsapevole. Il racconto condotto sul doppio piano, psicologico e dell’azione/indagine rende questo romanzo ancora più coinvolgente.

In qualche modo i romanzi polizieschi/thriller hanno lo scopo di far sfogare le ansie ed esorcizzarle. Rispetto al burattinaio spesso per combattere le ansie della vita devi affidarti a qualcuno più grande di te. Questi ragazzi hanno creato qualcosa che dia ragione alle ansie, una sorta di religione che li aiuti a fare un po’ di giustizia nelle loro vite. E lo fanno nel modo sbagliato.

Piergiorgio Pulixi, Il canto degli innocenti

Piergiorgio Pulixi

Ultima domanda: Biagio Mazzeo o Vito Strega: chi sarà il protagonista del prossimo libro?

A ottobre torna Biagio perché la vendetta è donna e chiede di essere soddisfatta.

Titolo: Per sempre.

Il prossimo di Domenico?

Tra nove anni…! Non dedico alla scrittura un tempo definito.

Quando scrivo, dice Piergiorgio, una storia per me diventa un’ossessione e non smetto finché non viene pubblicata. Solo allora mi do pace altrimenti continuo a lavorare. È così anche per te?

Io ho questo modo di scrivere: non lavoro su un libro. Ogni storia ha un quaderno. Ogni giorno se trovo uno stimolo, una lettura, una conoscenza che riguarda quella storia, la scrivo sul suo quaderno. Così ogni storia si costruisce a tasselli.
Inoltre c’è uno sfasamento fra i libri già pubblicati, quelli di cui stiamo parlando questa sera e che appartengono al passato, mentre noi siamo ossessionati da altri personaggi, quelli su cui stiamo ancora lavorando.

Piergiorgio Pulixi ha voluto inoltre ricordare l’antologia Nessuno ci ridurrà al silenzio.

La Fondazione ONLUS Attilia Pofferi ha voluto creare questa antologia con lo scopo di divulgare la consapevolezza verso il problema amianto, apparentemente rimosso dalla coscienza collettiva, ma tutt’ora presente, tramite un’opera letteraria. All’invito a partecipare hanno aderito scrittori di altissimo livello, gratuitamente. Maurizio de Giovanni ha voluto esserne il curatore e ci è stato, e ci è sempre, molto vicino. I fondi che raccoglieremo saranno impiegati per premi di laurea, borse di studio e altro, da erogare a giovani laureati, per studi nel campo delle malattie provocate dall’amianto. Il libro è in vendita nelle librerie di tutta Italia, costa 13 euro, è composto da 11 racconti originali e 4 testimonianze. Anche gli scrittori che vi hanno partecipato , avendo letto anche i racconti degli altri, ne sono rimasti soddisfatti.
Gli scrittori che hanno partecipato sono:
Alessandro Berselli, Massimo Carlotto, Maurizio de Giovanni, Angelo Ferracuti, Lorenza Ghinelli, Jacqueline Monica Magi, Federico Pagliai, Alberto Prunetti, Piergiorgio Pulixi, Patrizia Rinaldi, Giampiero Rossi. Testimonianze di Luca Cavallero,e interviste di Paolo Lihedom e Valentina Vettori (a cura di Alberto Prunetti) e di Alberto Vivarelli (a cura di Valentina Vettori).

Nessuno ci ridurrà al silenzioDalla quarta di copertina

La Polvere entra nei polmoni e sconvolge la vita di donne e uomini. Poco importa se è quella che brucia per le esalazioni degli incendi della Terra dei Fuochi o quella che proviene dalla lavorazione dell’amianto nelle fabbriche. Si insinua nelle viscere del tuo corpo per distruggerlo, con calma, senza fretta. Ma prima o poi si deve fare i conti con la Polvere che proviene da tanti anni vissuti in una fabbrica, semplicemente per lavorare e per portare i soldi di uno stipendio a casa. Sono storie di vita e dolore quelle che gli scrittori di quest’antologia ci raccontano. I protagonisti sono uomini e donne semplici, lavoratori, casalinghe, bambini che hanno avuto la sfortuna di frequentare un luogo maledetto, una fabbrica di amianto o una campagna usata dalla criminalità organizzata per sversare rifiuti tossici. Ma a distanza di tanti anni c’è chi non dimentica e chi decide di non tacere…

Giusi R.

elisir d'amoreElisir d’amore
Eric-Emmanuel Schmitt

edizioni E/O
Collana: Dal Mondo
Area geografica: Letteratura francese
Traduzione: Alberto Bracci Testasecca
ISBN: 9788866325178
EBOOK ISBN: 9788866325598
Pagine: 144

A un anno dal successo del suo ultimo romanzo, La giostra del piacere, edito da E/O, Eric-Emmanuel Schmitt ritorna con il romanzo breve Elisir d’amore, quasi una chiosa alla Giostra del piacere, come recita la bandella del libro.

Edito sempre da E/O Elisir d’amore è in libreria da settembre 2014.

Anche con la forma breve l’autore dà prova della sua bravura ed esperienza, intessendo una trama a cui non manca niente del romanzo né della pièce teatrale, servendosi però di una forma narrativa come la corrispondenza, attualizzata ai tempi di internet.
Con lo stile sofisticato che lo contraddistingue Schmitt racconta l’amore, la sua irrazionalità, gli incantesimi e le trappole. A fare da contrappunto all’amore dovrebbe risponde l’amicizia, idea sostenuta dall’assunto che il tempo logora l’amore ma fortifica l’amicizia.

Parigi, ottobre, mese di passaggio, Adam apprezzato psicoterapeuta vede la città impallidire con il sopraggiungere dell’autunno, così come è impallidito il suo rapporto con Louise dopo cinque anni di passione. Louise, avvocato in carriera, umiliata dai palesi tradimenti di Adam, stremata da questo rapporto che si trascina verso la fine, ha deciso di operare un taglio netto e accettare il trasferimento a Montreal.

La separazione, di fatto, le procura una ferita dolorosa, che fatica a rimarginarsi. Con una dialettica, equilibrata solo in apparenza, i due amanti, separati dalla distanza di sicurezza grande come l’oceano, iniziano una corrispondenza che non nasconde l’inconfessabile desiderio di ricominciare. Adam mette subito in chiaro le sue intenzioni: sostituire all’amore, fatto solo di pelle corpo e sesso, un sentimento più di testa, fatto di intelligenza amicizia e condivisione.

Il nostro rapporto è finito, Louise, fattene una ragione, non ignorare la realtà. non dormiremo più insieme e abiteremo ormai a migliaia di chilometri.

É l’inizio di una corrispondenza a distanza che non va a ledere decisioni tanto drastiche, né interferisce nel nuovo rapporto la scommessa di cercare una formula magica, un elisir capace di catturare l’amato e renderlo schiavo per sempre.
Adam e Luoise il loro elisir d’amore lo avevano trovato cinque anni prima, una sera, a teatro, ascoltando l’opera di Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore. Ma il filtro forse non era abbastanza potente e con il tempo aveva perso il suo effetto. Occorreva rinverdirlo!

La distanza in effetti non impedisce loro di continuare a comunicare, lei la sua delusione, lui, da bravo psicoterapeuta, la proposta del compromesso dell’amicizia, come via per la guarigione. Lui argomenta con sicurezza, lei rifiuta un ripiego che la umilierebbe. Ma fra le pieghe dei loro discorsi non tutto è come sembra e il vero elisir non è dato da una formula magica, ma dalla potenza della passione che anima ogni essere innamorato.

Una storia d’amore che gioca la sua partita a due non sempre nel rispetto delle regole, dove è la psicologia femminile ad avere il ruolo decisivo. Non delude Eric-Emmanuel Schmitt nel caratterizzare i due amanti dapprima con brevi tratti essenziali, approfondendoli via via che la storia si sviluppa, senza troppe parole, ma con frasi secche, incisive nella loro brevità, condensate come può essere una mail. Il nero di un’unica frase, che spicca sul bianco della pagina, ha più spessore e contenuto di mille parole.

L’autore

Eric-Emmanuel Schmitt è lo scrittore di lingua francese più letto al mondo. Le sue opere teatrali sono tra le più rappresentate sui palcoscenici di tutta Europa. I suoi libri hanno venduto decine di milioni di copie in Francia, Germania, Spagna, Olanda, Gran Bretagna e Stati Uniti. Le Edizioni E/O hanno pubblicato, fra gli altri, Odette Toulemonde, da cui è stato tratto il film Lezioni di felicità, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Piccoli crimini coniugali, Milarepa, La sognatrice di Ostenda, Concerto in memoria di un angelo, Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono…, La donna allo specchio, I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto e La giostra del piacere.

(dal sito delle edizioni E/O)

Giusi R.

Sabato 22 novembre 2014, ore 18,30, libreria Ubik di Monterotondo, Luca Poldelmengo ha presentato il suo ultimo romanzo

Nel posto sbagliato UbikNel posto sbagliato
Luca Poldelmengo
collana: Sabot/age
Area geografica: Autori italiani
ISBN: 9788866325802
EBOOK ISBN: 9788866325802
pagine: 192
prezzo: € 16,50

 

Presentazione dell’editrice E/O
Quante libertà personali siamo disposti a sacrificare in nome di una presunta sicurezza collettiva? 

Una ruota panoramica arrugginita sorveglia la metropoli assediata dall’immondizia e da un sole implacabile e malato.
Una squadra segreta della polizia usa l’ipnosi per estrarre dalle menti di ignari cittadini informazioni che loro stessi non sanno di possedere. A loro non interessa ciò che sai, ma ciò che contieni.
Un commissario cinico è al comando della squadra. Ha come unica compagnia due serpenti chiusi in un terrario, memento del tormentato rapporto con il fratello gemello. Un terribile omicidio nasconde insidie in grado di mettere a repentaglio la sopravvivenza della squadra, e molto di più.

Luca Poldelmengo, vincitore del Premio Crovi opera prima e finalista al premio Scerbanenco 2012, torna con un noir cupo e teso su un tema di scottante attualità: quante libertà personali siamo disposti a sacrificare in nome di una presunta sicurezza collettiva?

Hanno scritto di lui:
«L’autore è bravissimo a contrapporre la pochezza dei maschi alla fierezza delle donne in una Roma bigia e convulsa».
Giovanni Pacchiano, Gioia

«L’uomo nero è molto vicino ai romanzi di Scerbanenco o De Cataldo: un accostamento sinonimo di garanzia».
Andrea Bressa, panorama.it

BOOKTRAILER

 

L’intervista con l’autore curata da Valentina Nardoni

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Partiamo dalla copertina, dove la parte destra rappresenta il buio e di conseguenza la parte inconscia, la parte sinistra la parte logico-razionale.

Mi è piaciuta subito, non appena mi è stata proposta dalla casa editrice, perché rappresentativa e diversa: il fondo bianco di solito non si usa per i noir.

Poi la Città: che potrebbe essere una Roma fittizia. Ho immaginato una città che non esiste. Come ad esempio la Gotham City di Batman che è la New York in chiave gotica.

Ci sono due elementi specifici che identificano questa città immaginaria:

1. La ruota panoramica: quasi un faro.

2. Un fiume che divide in due la città: caratteristica comune al 90% delle grandi città.

Occorreva dare un carattere a questo luogo e qui entra in gioco la città di Roma. I luoghi sono fondamentali per la storia.

Qual è il rapporto fra giustizia e potere in questa storia? Significative le parole del leader quando arriva al potere: “Ma ora tutto deve cambiare, affinché nulla cambi. Andiamo”

Questa frase non è mia, è una citazione dal Gattopardo. Questa storia è contenuta in due cornici

1. Il rapporto con la privacy.

2. Il rapporto con il potere.

Che è anche la caratteristica dei romanzi Sabot/age.

Primo livello: oggi tutto ciò che facciamo è registrato. Questo aspetto della nostra quotidianità fa parte della violazione della privacy, una procedura che abbiamo comunque accettato. Dall’altra parte, in questo controllo eccessivo, c’è la promessa di maggior tutela della sicurezza del cittadino.

Nella finzione del romanzo entrano in scena i POV (Point of View) ovvero i testimoni inconsapevoli di un delitto. La RED, un’unità di polizia segreta, fuori dalla legalità, rapisce i POV, li ipnotizza e riesce a tirare fuori dal loro inconscio qualsiasi informazione. Ma questo modo di agire viola l’individuo e mette in pericolo l’incolumità di chi è venuto a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Secondo livello: anche qualora fossimo disposti ad accettare questo, chi controlla il controllore? E qui si innesta il secondo anello: Il rapporto con il potere.

Tutto ciò che riguarda la metodologia dell’ipnosi è vero. La forzatura più grande rispetto all’ipnosi, una forzatura narrativa, riguarda la convinzione che con qualsiasi farmaco è possibile tirar fuori dagli individui ipnotizzati ogni tipo di informazione. Caso improbabile, in quanto non tutti reagiamo allo stesso modo.

I POV non capitano a caso sul posto dove si trova la persona su cui si indaga.

Vincent Ribaldi può considerarsi il protagonista del romanzo. Ottimo commissario e ottimo ipnoterapeuta. La faccia che mostra all’esterno è quella di un uomo tutto d’un pezzo, ma dietro questa esteriorità non c’è nulla. Lui vive da solo, con l’unica compagnia di due serpenti in un terrario. Dei suoi due serpenti uno è velenoso, appartiene alla specie del serpente corallo, l’altro è una semplice biscia. E qui parliamo di Mimetismo batesiano, il modo con cui alcune specie appetibili, prive di difese cercano di assumere forma e colorazione di animali della stessa specie, inappetibili ma pericolosi, per confondere i predatori. I serpenti sono stati portati a casa di Vincent dal suo fratello gemello Nicolas che è scomparso in una maniera molto forte. Unica forma sociale che Vincent riesce a seguire è la gerarchia mentre, a livello emotivo, non è cresciuto. Ma poi nella vita succede qualcosa che non ti aspetti e con cui sei costretto a fare i conti. L’unico protagonista veramente positivo è il padre di Nicolas e Vincent. Il rapporto fra il padre e i gemelli può considerarsi l’unica parte davvero romantica del romanzo.

Il serpente ha una sua simbologia, anche religiosa.

C’è un motivo per cui ho scelto i serpenti, ma non riguarda la loro simbologia quanto piuttosto la sporcizia che regna nella città e i serpenti potrebbero effettuare una pulizia completa.

Hai pensato alla trasposizione filmica di questo romanzo?

Con lo sceneggiatore del film Cemento armato stiamo cercando di scrivere una sceneggiatura per una serie tv tratta da questo romanzo.

Alla fine, chi è il cattivo?

Secondo m questo è un noir con il ritmo di un thriller. E non ci sono buoni o cattivi, mostra invece una serie di sfumature umane, senza creare personaggi completamente buoni o cattivi. Non ho dato una strada univoca al lettore, ma ho lasciato la possibilità di scegliere la prospettiva: la focale. Vivere cioè la storia attraverso gli occhi di uno o l’altro personaggio.

La linea del potere, la Realpolitik è piuttosto identificabile, a differenza del “non luogo” o “tutti i luoghi” in cui è ambientata la storia. E arrivando alla fine del romanzo, con la frase del Gattopardo si capisce come l’Italia è l’ultimo posto dove questa storia potrebbe svolgersi .

Ti saresti sottoposto a una seduta di ipnosi?

Sarebbe servita poco l’ipnosi su di me, ai fini della scrittura. Avrei piuttosto preferito assistere a una seduta. La persona che mi ha istruito su questa tecnica, me lo ha proposto e io ho declinato l’invito, non per paura quanto per fastidio.

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Giusi R.

Domenica 23 novembre 2014, per la XXX edizione del Festival delle Cerase, al Cinema Nuovo Teatro di Palombara, è stato proiettato il sesto film in concorso

000 LOCANDINA per CMNCT STMPtorneranno i prati

di Ermanno Olmi

con Claudio Santamaria (il maggiore), Alessandro Sperduti (il giovane tenente) , Francesco Formichetti (il capitano), Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni

sceneggiatura Ermanno Olmi
fotografia Fabio Olmi
musica Paolo Fresu
produzione Ipotesi Cinema, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT
Italia 2014 durata 1h e 20′
uscita sala 6-11-2014

Il 4 novembre, giornata dell’unità nazionale e delle forze armate è stato presentato in anteprima al cospetto del Presidente della Repubblica Italiana torneranno i prati di Ermanno Olmi. Nel centenario della I Guerra Mondiale, è anche il film che dovrebbe raccontare «la grande guerra degli italiani». E questa rilettura anti-eroica, amara e tragica era forse davvero la miglior “celebrazione” possibile. Un film con pochi personaggi e pochissimi luoghi, un racconto di trincea che mostra l’inutilità e la disumanità di quella guerra.

Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani, alla vigilia della disfatta di Caporetto. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata.
Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore. Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. E poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento.

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NOTE DI REGIA
Cento anni di storia che si allontanano sempre più nel passato mentre il fiume del tempo avanza sotto i ponti del progresso che inesorabilmente sbiadisce ogni altra memoria. Tuttavia ci sono momenti in cui una data sul calendario, un titolo di giornale, una fotografia, smuovono ricordi sopiti che si chiamano tra loro, irrompono nel nostro tempo da protagonisti e giustamente pretendono d’essere riconosciuti e risarciti del loro valore speso per noi: primo fra tutti, la vita.
Mio padre aveva 19 anni quando venne chiamato alle armi. A quell’età, l’esaltazione dell’eroicità infiamma menti e cuori soprattutto dei più giovani.
Scelse l’Arma dei bersaglieri, battaglioni d’assalto, e si trovò dentro la carneficina del Carso e del Piave, che segnò la sua giovinezza e il resto della sua vita.
Ero bambino quando lui raccontava a me e a mio fratello più grande, del dolore della guerra, di quegli istanti terribili in attesa dell’ordine di andare all’assalto e sai che la morte è lì, che ti attende sul bordo della trincea. Ricordava i suoi compagni e più d’una volta l’ho visto piangere.
Della 1a Guerra Mondiale non è rimasto più nessuno di coloro che l’hanno vissuta e nessun altro potrà testimoniare con la propria voce tutto il dolore di quella carneficina. Rimangono gli scritti: quelli dei letterati e quelli dei più umili dove la verità non ha contorni di retorica.

torneranno i prati

N’anema pare rassignata e stanca, Sott’ ‘a cuperta ‘e chesta luna janca, canta il soldato rischiarato dal livore della neve. Un canto che risuona oltre la trincea.
Come si legge nei titoli di coda il film è ispirato al racconto La paura, uno dei quattro racconti di Federico de Roberto che l’editrice E/O ha ristampato, in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale, nel volume, La paura e altri racconti della grande guerra, con l’introduzione di Antonio Di Grado.
Lo stesso racconto è servito da traccia per il cortometraggio L’avamposto di Leonardo Di Costanzo, inserito nel progetto artistico Les ponts de Sarajevo che ha coinvolto tredici registi europei, presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2014. Documentario e film usano linguaggi espressivi diversi. Il cortometraggio è il racconto di una giornata in trincea e dell’orrore di un pugno di soldati costretti a morire per l’assurda logica di ordini insensati. Il film di Ermanno Olmi racconta la stessa giornata ma vive di immagini, di poesia, di silenzio, di esplosioni, di riflessioni, in una dimensione rarefatta di attesa e paura.

Intervista di Daniela Cocchi ad Alessandro Sperduti

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Questo è un film totalmente diverso da quelli che abbiamo visto sulla grande guerra Come ti sei preparato?

Ho letto dei libri, ho letto Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu, era una cosa importante da fare, ma non strettamente necessaria, sempre per il discorso di ottenere la sorpresa e la verità; è importante la preparazione, ma quello che riesci ad avere dai libri o da altri film è un emozione che rischi di portare in modo quasi artificioso sul set. Si, c’è stata una certa preparazione ma poi, scordatevi tutto e iniziamo da zero.

Il primo incontro con il Maestro Olmi è stato ad Asiago, dove abbiamo girato per 8 settimane. L’incontro è stato un po’ surreale perché mi hanno vestito subito da tenente ed era già tutto pronto per iniziare le riprese. Sono miope, porto gli occhiali e prima di incontrare il maestro mi hanno chiesto di toglierli, poi mi hanno accompagnato nel dormitorio, un set del film già costruito, con il fumo, i soldati. Così quando per la prima volta ho incontrato il Maestro, vedevo tutto in penombra, ed ero emozionatissimo.

Tutti i soldati vengono chiamati con il loro nome, a differenza dei graduati.

Uno degli intenti del regista era dare nome a tutti quegli uomini morti e dimenticati, motivo delle scene con la consegna della posta. L’unico graduato di cui si conosce il nome è Emilio, omaggio a Emilio Lussu.

Il tuo personaggio all’inizio è molto silenzioso, poi inizia a parlare, fino ad arrivare al monologo finale: la lettera alla madre.

Il tenente viene da una famiglia aristocratica, si è preparato sulle carte, non conosce quello che è realmente la guerra ed è costretto a fare un percorso, passando quella notte in trincea. Noi non avevamo una sceneggiatura. Olmi ci dava le indicazioni su quello che c’era da fare ogni mattina quando ricevevamo gli stralci delle sceneggiature. Per il monologo finale non ci sono state indicazioni precise. Olmi mi ha dato la lettera e mi ha detto: leggila. E io l’ho fatto e in quelle parole c’era già tutta l’emozione.

Anche voi attori vi siete emozionati e avete pianto durante la lavorazione. Qual è stato il  momento più importante per te?

Quando abbiamo visto il film per la prima volta tutti insieme abbiamo pianto, tutti. Con Olmi era una ricerca continua di verità. Non so scegliere il momento più importante. Erano tutti momenti unici. Come la scena del capitano che incontra il maggiore e anche lì ho pianto. Oppure la scena del primo bombardamento. Il rumore delle bombe le faceva Olmi attraverso una radio ed avevano la stessa intensità che avete potuto sentire in sala.

La lavorazione è durata otto settimane. Siete stati otto settimane al freddo?

La neve era vera. Quando siamo arrivati sul set non c’era ancora la neve. Poi le nevicate sono state abbondanti e sono arrivate con un’intensità maggiore del previsto. Avevano costruito due trincee di cui una è stata completamente sepolta dalla neve. Alla fine la neve ha fatto da protagonista. Olmi ne ha fatto un personaggio del film.

 Giusi R.

 

30 ottobre, libreria Ubik Monterotondo, Patrizia Rinaldi ha presentato il suo ultimo romanzo Rosso Caldo pubblicato da Edizioni E/O. Ha dialogato con l’autrice Marina Gianantonio

rosso-caldoIn principio c’è Jean-Claude Izzo, riconosciuto come padre di quel “noir mediterraneo” che, in una sorta di ossimoro, fonde la bellezza dei paesaggi mediterranei con la violenza del crimine: l’azzurro del mare e il nero del crimine, secondo le parole di Sandro Ferri, editore e/o dei noir di Jean-Claude Izzo e della trilogia di Patrizia Rinaldi conclusa con Rosso caldo, ultimo capitolo della serie noir dedicata alla detective Blanca Occhiuzzi.

Quello che colpisce nei romanzi di Patrizia Rinaldi, oltre all’ambientazione, al giallo, alla varietà emozionale dei personaggi, al montaggio di un intreccio ben organizzato, è sopra ogni cosa l’uso creativo della lingua. L’autrice smonta le parole, le svuota del loro significato comune, attua uno spostamento semantico servendosi ad arte di suggestioni sensoriali che annullano ogni convenzione e rielaborano una lingua a uso e diletto del lettore.

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Cronaca dell’evento

– Patrizia fa parte di un gruppo di autori napoletani contemporanei, scrittori di noir, che stanno dando un contributo importante al noir mediterraneo e si stanno facendo apprezzare anche all’estero. Focalizzandoci sulla Napoli descritta nel libro e sul ruolo di uno specifico contesto geografico, non troviamo una Napoli solare, ma una città piovosa, attraversata da una neve primaverile. Perché una Napoli non scontata? Perché il quartiere dell’Avvocata, quadro degli avvenimenti e perché il seicentesco Palazzo de Pignatta? E, inoltre, perché un ambiente che negli altri romanzi non c’è, la Solfatara di Pozzuoli, luogo descritto come l’incontro di Inferno e Paradiso.

…il deserto e la selva divisi da un confine piccolo che gli occhi, ah gli occhi, non possono capire, paradiso e inferno abbracciati in terra, maschio e femmina, dolore e sollievo. Così la Solfatara ci insegna la morte che non fa paura.

«La Napoli che racconto è la Napoli dove sono nata, la zona dei Campi Flegrei, che deriva dall’aggettivo greco phlegràios che significa “ardente”. Le fumarole sono tante e sono collegate con il Vesuvio e noi abitanti abbiamo la percezione di ballare i terremoti con il Vesuvio.

Fumarole, schizzi di fango, vulcanetti, pozze e vapore, odore di zolfo, di allume e magnesio la portarono lontano, in un reame antico dove l’equilibrio ballava, meraviglioso e instabile, sui perimetri delle caldere.

E quale migliore ambientazione per il noir. E come non riconoscerne la bellezza. Il Palazzo de Pignatta nel quartiere dell’Avvocata l’ho inventato per non offendere nessuno e per sentirmi più libera di dire cattiverie. E se riusciamo ad abituare l’occhio a riconoscere la bellezza e lottare per raccontarla è una sfida vinta. La Solfatara si affaccia sul Golfo di Pozzuoli, uno dei più belli, ed è un perimetro circolare dove convivono la ribellione della natura e una bellezza folgorante».

Il vecchio portò le donne in una radura di eucalipti, la indicò come limitare tra caldo e freddo. Alcune radici imprudenti portavano segno di ustione.

– Leggendo il romanzo è proprio questa la percezione della Napoli. Il giallo c’è, ed è molto ben costruito. C’è il noir, c’è il giallo e ci sono due omicidi. Uno più usuale basato sull’avidità di ricchezza. L’altro è più costruito intorno a una vendetta. Le indagini sono condotte dalla protagonista che è la sovrintendente Blanca Occhiuzzi. Non è poliziotta stile Rambo, e neppure descritta in maniera minuziosa, perché ciò che la caratterizza è il suo limite: Blanca è una ipovedente. Ma questa donna bella e determinata è capace di trarre forza dal suo stesso svantaggio e usare tutti gli altri sensi per vedere la realtà e riuscire a condurre le indagini attraverso la sensibilità.

«Blanca si chiama così come omaggio a Marcela Serrano e al suo libro Il tempo di Blanca»

Mia nonna mi insegnò a leggere. Mia nonna mi mostrò i libri e mi trasmise il suo amore per loro. Non ebbi scelta, fu la sua eredità. Mia nonna mi disse che con i libri non mi sarei mai sentita sola. Mi insegnò ad avere cura dei miei occhi fino a farmi sentire padrona del luogo più prezioso, più limpido. […] mi disse che se mai fossi stata colpita dalla sordità o dal mutismo non mi sarei dovuta preoccupare perché l’unica, totale mutilazione era la cecità. Dovevo prendermi cura dei miei occhi. Solo con quelli avrei potuto leggere. Solo quelli mi avrebbero salvato dalla solitudine. (Marcela Serrano, Il tempo di Blanca)

La sfida era quella di perdere la compagnia della lettura e perdere l’immagine, in una società immaginocentrica. E così ho creato l’esatto contrario di un eroe. Blanca è il simbolo dell’imperfezione e della fragilità che diventa forza. Lei non è per nulla sdolcinata. Non è stereotipata nel lamento, che è un cliché della donna del sud. Per scrivere questo terzo libro non mi è servito il mestiere, quanto la necessità di raccontare. Uno spunto è arrivato dal racconto di un ex detenuto. L’altro invece è una mia suggestione. Napoli è piena di spiriti e lo testimoniano i suoi scrittori e i suoi palazzi che hanno ciascuno una presenza inquietante e una rappresentanza sindacale di spiriti. Il Museo Cappella Sansevero o la Metro dell’Arte ci parlano di questa suggestione antica».

– Il libro, appena lo inizi a leggere ti prende, a cominciare dalle parole di Ninì, la sedicenne figlia adottiva di Blanca, che riecheggiano la canzone Respect di Aretha Franklin.

Respect, cara Aretha, diglielo che si dice respect. Che si deve portare rispetto, altro che sopportazione. Puah.

«Ninì ha due madri: la madre biologica che ha perso e di cui era madre e poi Blanca (è lei che le canta Respect) che finalmente la fa sentire figlia. Il rispetto precede la tolleranza e i ragazzi vogliono il rispetto»

– I personaggi femminili li ho vissuti come positivi, quelli maschili meno.

«I personaggi devono avere una loro composizione per apparire vivi. La violenza del branco spesso è maschile, ma anche Blanca ha le sue defaillance. Il primo libro della serie, Blanca, è un libro sul femminicidio».

E poi ci sono le due cugine Rosselli, diverse una dall’altra ma complementari, create dall’autrice per dare voce poetica e dignità a una coppia di donne che si amano da anni, una rivalsa sull’omofobia. E a proposito degli anni che passano Alina dice :

Gli anni delle femmine vanno e vengono. Possono esser cento o dieci. Un’ora tiene spasimi per cent’anni, un’ora ti addomestica dentro un secolo di bene. In un momento, come sto io ora, perdi giorni e giorni di affanni e te ne torni ragazza davanti al mare. Ora ho di nuovo vent’anni e una vita sana che deve succedere ancora. meglio non capire questo fatto ché se magari lo capisci poi non succede più.

Una novità strutturale in Rosso sangue è l’alternanza nella narrazione di capitoli dedicati a ciascun protagonista, regalando di volta in volta a un personaggio la possibilità di raccontarsi in prima persona, in una sorta di assolo teatrale.
E Patrizia Rinaldi ci propone un assaggio di questi intermezzi con una prima lettura ripresa dai pensieri di Peppino Carità che racconta del suo rapporto con le femmine, delle sue molte teorie, e di quella sua mutagnola o per meglio dire parsimonia di parole.

La seconda lettura rimanda ai pensieri di Donna Esterina de Pignatta Valois di Cancello a Pozzo vecchio, alla sua nascita di povera e brutta e alla attuale lucidità di ultranovantenne.

E infine Patrizia ci parla di fiabe, quelle crudeli e spaventose della tradizione, strumento per crescere e superare le paure, e quelle scritte da lei, come Federico il pazzo storia illustrata da Federico Appel o Adesso scappa l’ultima sua graphic novel illustrata da Marta Baroni, nella collana “leggimi! Graphic”, graphic novel pensate anche per chi ha problemi di dislessia o difficoltà di lettura. Entrambi i libri sono editi da Sinnos.

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Giusi R.

«La Storia è uno scandalo che dura da diecimila anni ha scritto Elsa Morante. In tanto tempo abbiamo smarrito la capacità di gridare all’orrore.»

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Venga pure la fine
Roberto Riccardi
edizioni e/o
Collana: Sabot/age
ISBN: 9788866323747
Pagine: 224
Data di pubblicazione: 25 settembre 2013
Prezzo di copertina € 16,50

 

 

Il tenente Rocco Liguori è stato inviato all’Aia con l’ordine di indagare sul presunto suicidio del colonnello Dragojević, condannato dal Tribunale Internazionale per il massacro di Srebrenica e altri eccidi commessi fra il 1992 e il 1995 nel territorio della Bosnia-Erzegovina. È inevitabile per il tenente tornare indietro di sette anni, a quando era stato uno dei protagonisti della cattura del colonnello. Nel corso delle nuove indagini Liguori ritrova molte conoscenze di un tempo, compresa Jacqueline l’affascinante funzionaria della Croce Rossa con cui aveva intrecciato una relazione rimasta in sospeso. Il loro rapporto, fatto di sentimenti costantemente in bilico, riprende fra incomprensioni e parole non dette. Nel frattempo Liguori instaura una meno compromettente love story con Jelena, bosniaca musulmana, un’infermiera che ha lasciato da poco il reparto dove è ricoverato il colonnello. Due storie diverse ma legate entrambe all’indagine che Liguori porta avanti con ostinato senso del dovere e di giustizia sopra le parti, anche a costo di non seguire gli ordini che arrivano dall’alto, non sempre avulsi da trame e giochi di potere.

Le vicende dei singoli individui si intrecciano con quelle delle organizzazioni internazionali, dei governi, di ribelli e pacifisti, forze di polizia, medici e criminali di guerra, in un percorso a tappe che tocca le città europee con la loro scia di storia, di politicanti, di tribunali, orrori, intrighi. Un rincorrere la verità che non ha mai una sola faccia e che lascia un sapore amaro di sconfitta.

Il colonnello Dragojević, per giustificare gli orrori commessi, si serve delle parole di Elsa Morante nel libro La Storia, un libro che il tenente gli ha consigliato di leggere. Il colonnello afferma: «… anche per me la storia è una sequenza di orrori … noi uomini ci illudiamo di contare qualcosa, ma non siamo che pedine sull’immensa scacchiera della terra. Non decidiamo niente

Venga pure la fine, un romanzo costruito intorno alla cruda realtà della guerra, ci pone di fronte al problema delle colpe dei carnefici che, nell’espiare la condanna, possono diventare vittime a loro volta. La consapevolezza di questa tragica presa di coscienza traspare in ogni pagina. Con il procedere dell’indagine il tenente Liguori si fa carico delle conseguenze estreme a cui lo portano le vie contorte che deve seguire per arrivare alla verità.
Leggere il romanzo e cercare di comprendere il suo messaggio è un tutt’uno, e non si smette se non quando ogni tassello è al suo posto «perché è solo quando tutto finisce che incomincia davvero qualcosa».
Ma nel suo inseguire la verità, nel sollevare il velo che copre trame e delitti, nel trattare temi al limite della provocazione, la costruzione narrativa finisce per viaggiare prevalentemente sul binario della razionalità mettendo all’angolo il trasporto emotivo che pure l’autore cerca in tutti i modi di far emergere, ma che rimane come cristallizzato.

Lasciamo la parola a Roberto Riccardi

Riccardi«Tutti i miei libri sono pezzi di vita, il che non vuol dire scrivere dei saggi sui fenomeni criminali o sulla guerra, ma significa metterci dentro l’aria che hai respirato, i sentimenti provati. Ho visto altri volti in Bosnia, ed erano quelli di persone come me, e mi sembrava incredibile che persone della mia generazione avessero attraversato un fenomeno come la guerra. Per me la guerra era sui libri di storia, era i racconti dei nonni, i documentari, i film. Qualcosa di lontano dalla mia vita, una cosa che non mi riguardava. Invece, attraversi l’Adriatico e ti accorgi che la guerra è in mezzo a noi. Cammini per le strade, vedi ragazzi senza un braccio, una gamba, mutilati e ti chiedi perché? Chi è che decide, chi è che agisce? Spesso sono pochissime persone. La Storia ce lo insegna, sono pochi a decidere e di solito in battaglia sono altri poi a morire. Però ci sono tanti che stanno in mezzo e che obbediscono perché è il loro mestiere e perché le circostanze eccezionali cambiano tutto, rovesciano la prospettiva. Nella normalità delle cose uccidere è un crimine, invece in guerra, per molti, uccidere diventa un dovere, qualcosa che si deve fare. È veramente terrificante. Ho parlato con ufficiali serbi che avevano combattuto e avevano responsabilità anche di atti criminosi. A un certo punto nella loro testa era scattato qualcosa ed erano andati oltre il dovere. Ma quando scatta il crimine? È la guerra stessa un crimine. Non è facile tenere il timone in mezzo a una tempesta come la guerra. Tu sei in uniforme con i tuoi gradi e c’è un tuo superiore che ti dice andiamo, dobbiamo fare questo. Si entra in un villaggio, si comincia a sparare. Prima spari sui soldati, poi però non spari più solo su loro. Io questa difficoltà in qualche modo l’ho letta in occhi diversi dai miei e mi sono rimasti dentro quegli occhi. La domanda che porgo ai lettori come punto di riflessione e da cui non mi libero è: ma in una situazione così io cosa farei, dove mi fermerei, dove potrebbe arrivare la mia coscienza e dove invece prevarrebbe il conformismo di stare in un sistema, di avere addosso un uniforme che è uguale a quella di altri. Esistono una serie di convenzioni belliche internazionali siglate da tanti paesi che tracciano dei confini. Noi veniamo da un passato in cui addirittura il saccheggio, la violenza indiscriminata sui civili sulle donne era tutto bottino di guerra, era addirittura il modo per pagare i soldati.

E siamo arrivati a mettere una serie paletti quali: non si bombardano le città d’arte, non si distruggono i monumenti, non si spara sulla popolazione civile. Una serie di regole, bellissime lette sui libri, sui testi delle Convenzioni, ma sono difficilissime da applicare, perché la bomba più intelligente produce sempre l’effetto collaterale. Io sono andato su questo tema con i due personaggi del tenente Liguori e del colonnello Dragojević, che sono un po’ la luna e il sole e sono andato sul tema della giustizia internazionale. I Tribunali Internazionali nascono dopo la Seconda Guerra Mondiale con i processi di Norimberga e di Tokio però anche se quei processi puniscono efferati crimini di guerra, vanno verso un’unica direzione, sono i vincitori che processano i vinti.»

La forza di questo libro è nel porci interrogativi contraddittori. In guerra esiste sempre una motivazione per uccidere? La ragione è sempre dalla parte dei vincitori? «… la patente dei buoni non l’ha mai avuta nessuno.» dice a un certo punto Jelena. E se fare letteratura non vuol dire essere consolatori ma porsi delle domande, anche provocatorie, allora questo libro ha tutti i titoli per dirsi letteratura.

L’autore

Roberto Riccardi è colonnello dell’Arma e direttore della rivista «Il Carabiniere». Ha lavorato per anni in Sicilia e Calabria e ha comandato la Sezione antidroga del Nucleo investigativo di Roma svolgendo indagini in campo internazionale. Ha esordito nel 2009 con Sono stato un numero (Giuntina) a cui è seguito il thriller Legame di sangue (Mondadori, 2009), il romanzo storico La foto sulla spiaggia (Giuntina, 2012) e il giallo I condannati (Giallo Mondadori, 2012). Per le Edizioni E/O è uscito nel 2012 Undercover.

Giusi R.

Incontro con i protagonisti della collezione Sabot-age, edizioni E/O, diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto, nell’ambito del primo weekend noir, organizzato dalla libreria Ubik di Monterotondo.

Una collana dedicata alle storie che il nostro Paese non ha più il coraggio di raccontare. «Di Sabot/Age e’ possibile una doppia lettura: “sabotaggio” ed “Era del Sabot”, lo zoccolo di legno che, ai tempi della rivoluzione industriale, veniva lanciato dagli operai negli ingranaggi delle macchine quando erano esausti. Noi siamo esausti della menzogna che ci opprime.» (Dalla presentazione di Massimo Carlotto)

Hanno presentato la Collezione

L’Editor delle edizioni E/O Claudio Ceciarelli

Gli scrittori

Carlo Mazza con Il cromosoma dell’orchidea

Piergiorgio Pulixi con La notte delle pantere

Eduardo Savarese con Le inutili vergogne

Roberto Riccardi con Venga pure la fine

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Ha coordinato l’incontro Marco Piva

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Presentiamo questa sera un gruppo di autori seri, talentuosi, uniti in un progetto mitico nato da un’idea di Colomba Rossi e Massimo Carlotto. Una serata di grande festa da vivere insieme, perché gli unici veri destinatari dei racconti sono i lettori. Sabot-age come sabotaggio, rottura, distruzione dei paletti che riducono il nostro ventaglio di interesse e dimostrano l’importanza della categoria di genere.

Come è nata questa collana e quali sono le finalità e gli obiettivi?

Claudio Ceciarelli – Sono un editor e mi occupo di seguire il lavoro degli autori prima della pubblicazione. Per la collezione Sabot-age i primi due titoli sono usciti nel 2011 sono stati  La ballata di Mila di Matteo Strukul e Lupi di fronte al mare di Carlo Mazza. Sono poi usciti Una brutta storia di Piergiorgio Pulixi e Sinistri di Tersite Rossi.

Finora sono stati pubblicati tredici titoli, tutti nati da una riflessione sull’urgenza di costruire un contenitore editoriale che non fosse una gabbia per gli autori. Venivamo da un periodo di sovraesposizione e quasi banalizzazione del “genere” noir – poliziesco. L’idea era creare un corto circuito rischioso puntando sulla letterarietà del racconto e le qualità umane dello scrittore.

Il primo autore a presentare il suo libro è Carlo Mazza, barese di nascita, bancario di professione. Con Il cromosoma dell’orchidea, suo secondo romanzo della Collezione Sabot-age, scandaglia in maniera profonda nel malcostume politico italiano. Il cromosoma dell’orchidea fa riferimento all’abuso edilizio indiscriminato che ha causato forti rischi di natura idrogeologica.

Un problema che è molto diffuso. Non ho parlato in modo esplicito di Bari, ma ho citato una probabile città del sud. Spesso vengono descritte storie che possono avvenire ovunque, poi si localizzano e alla fine si lascia intendere, anche tramite un piccolo particolare, che quella è una realtà tipica di una determinata città. Non aver indicato una realtà specifica ha prodotto invece uno strano risultato. Quando presento il libro spesso mi viene chiesto se, quando ho scritto questa storia, mi sono ispirato in modo particolare alla loro realtà cittadina. Ma questa identificazione non è merito mio, le storie di rischio idrogeologico sono tutte uguali.

Piergiorgio Pulixi ha esordito con Una brutta storia che, come racconto noir, è una botta di adrenalina. La notte delle pantere prosegue le gesta della squadra guidata dal corrotto ispettore Biagio Mazzeo.

L’ambientazione non è specifica, quelli in cui si svolgono le mie storie sono “non luoghi”. Scrivo polizieschi e il mio autore di riferimento è Ed McBain con la sua serie di romanzi dell’87º Distretto. Lui non localizzava in una città reale le sue storie e diceva che lo faceva per avere una maggiore libertà, per non avere limitazioni dal punto di vista narrativo. Non volevo che il luogo prevalesse sui personaggi. Per questo motivo chiamo la città immaginaria “giungla”.

Roberto Riccardi presenta Venga pure la fine seguito della saga del tenente Rocco Liguori. La missione del tenente Liguori è investigare presso il Tribunale dell’Aja sul colonnello Milan Dragojevic, accusato di crimini di guerra. Questo libro contiene messaggi che sono come macigni: in guerra esiste sempre una motivazione per uccidere.

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Napoletano, scrittore, magistrato, finalista al Calvino 2012 Edoardo Savarese presenta il suo romanzo Le inutili vergogne. Con un libro così è come spingere il piede sull’acceleratore. Emerge nella sua produzione letteraria l’importanza dei ricordi. Nel rivivere e rinnovare un ricordo non c’è il rischio di rimanere ancorati al passato o uno stimolo di rivincita?

Il tema della memoria mi è molto caro, con il tema della guerra, delle stragi, del genocidio, ma credo che i personaggi di questo romanzo, come tutti, devono fare i conti con la memoria per liberarsene.

Una domanda all’editor Claudio Ceciarelli. Nel percorso della costruzione di un romanzo, quello dell’editor è un ruolo cruciale. Quali sono le modifiche necessarie da apportare a un testo senza snaturarlo?

Questo è l’aspetto più bello e difficile di questo lavoro. Io ho un’attitudine esageratamente ripiegata su me stesso. La mia non è una volontà di sovrapposizione ma di maieutica socratica, intesa come arte di aiutare.
Nella pagina iniziale di un libro ogni parola pesa una tonnellata in più perché l’autore non ha ancora acchiappato il lettore. Di solito gli editor sono essi stessi scrittori, ma in questo caso crescono quei pericoli di sovrapporsi allo scrittore, pericolo che non esiste per chi fa un altro tipo di mestiere.
Mi capita anche di sbagliare, ma sempre in buona fede e la quadratura del cerchio è che l’autore alla fine deve sentire il libro ancora più suo. Preferisco l’editing a distanza con segni in vari colori per le segnalazioni.

E se anche noi lettori riusciamo a cogliere in tutti loro stili e sfumature diverse vuol dire che ciò che l’editor ha detto è vero. Ora una domanda che potrebbe sembrare provocatoria. Parlare d’amore nei racconti noir è possibile?

Carlo Mazza – Parlare d’amore nei polizieschi è quasi vietato, ai lettori di questo genere non piace. A me è sembrata una regola così rigida che ho pensato di superarla.

Parlare d’amore per la “pantera” di Piergiorgio Pulixi è difficile, ma c’è tanta tenerezza in questo libro. Il senso di protezione nei confronti della squadra che Biagio prova, fa nascere quel senso di empatia per un personaggio che in fondo è un bastardo.

Piergiorgio Pulixi – L’amore è il motore della storia anche se è bandito nel mondo criminale, ma c’è. La saga si basa sull’amore anche se può sembrare un paradosso, è un mondo violento ma l’amore rappresenta la luce nel fondo del tunnel. È bello vedere come l’amore li cambia, li forgia o come c’è la rinuncia all’amore. I miei romanzi sono viaggi emozionali.

Anche per Rocco Liguori, il personaggio creato da Roberto Riccardi, amare non è facile, perché deve spostarsi continuamente. Secondo te è possibile per agenti impegnati in compiti così delicati vivere un amore stabile?

Roberto Riccardi – Non solo è possibile ma addirittura necessario. Nella poesia “Veglia” il poeta Giuseppe Ungaretti ci rende fortissima l’immagine del soldato che veglia il suo compagno morto. Sono diventato un autore perché la persona che amo ama leggere è una cosa da cui non prescinderei mai. Il cammino umano è talmente complesso che non si può affrontarlo da solo.

Eduardo Savarese nei suoi romanzi ci racconta di amori sofferti, travagliati, anche non vissuti. Vale la pena amare anche in determinate circostanze?

Gli amori di questo romanzo sono molto disturbanti. C’è anche tanto amore verso Dio e c’è la scena d’amore davanti all’immagine sacra. La tragedia ci rassicura sempre. C’è una dimensione nobile nella tragedia. Nei miei romanzi c’è invece una parte cinica, grottesca.

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Un incontro non convenzionale quello con gli autori della Collezione Sabot-age, affollato di scrittori di talento. Per apprezzarli al meglio non resta che leggerli.

Giusi R.