Il mio nome è Frank de Jung
Frank Gonella
Wingsbert House 2015
La scheda del libro qui
La casa editrice Wingsbert ci propone un thriller d’azione e introspezione. Il romanzo Il mio nome è Frank de Jung catapulta il lettore all’interno del mondo dell’alta finanza, delle banche, di investimenti e fondi fantasma costruiti ad hoc per moltiplicare all’infinito un capitale fatto di nada, parola ricorrente nel romanzo, come un mantra ossessivo, a definire il tutto e il niente di cui siamo circondati. Una sorta di nichilismo ricondotto all’attualità. Un romanzo, come dice l’autore in un’intervista, che “racconta i nostri tempi in cui il capitale e i terroristi usano la stessa logica, che è quella di creare il panico per poter dominare le masse”.
Il mio nome è Frank de Jung – solo i patrimoni generano ricchezza
Sul biglietto da visita di Frank de Jung, è scritto: alternative asset advisor, espressione che la lingua italiana traduce in “consulente di risorse alternative”.
Frank ha solo 33 anni, è già conosciuto come il miglior consulente a livello mondiale per transazioni in cui sono in gioco miliardi di dollari.
Dove c’è bisogno d’inventare una storia per far girare i soldi, tenendo tutti puliti, chi i soldi li mette, chi li custodisce e chi li usa, c’è Frank.
È venerdì, Dubai domina con i suoi grattacieli il deserto degli Emirati Arabi. Frank deve concludere un contratto di investimento per conto di un gruppo di miliardari kazaki, perché l’Africa è terra di conquista per capitalisti senza scrupoli. Un affare in cui sono coinvolte banche vecchie e nuove, fondi cinesi, norvegesi, arabi, avvocati belgi, londinesi. Un mondo fatto di lupi, dove per sopravvivere devi predare.
Il contratto, in tutti i suoi 138 articoli, “è un mix perfetto di evasione, elusione e riciclaggio a quindici sistemi fiscali”. Un’operazione curata nei minimi dettagli, salvo l’imprevedibile: il funzionario responsabile del conto di garanzia a cui era stata affidata la transazione del denaro viene assassinato la notte di venerdì. Frank non è disposto a rinunciare all’affare, convinto che qualcuno dall’interno abbia fatto il doppio gioco. E’ una corsa contro il tempo fino alla mezzanotte della domenica, termine ultimo per scoprire chi ha tradito e per farlo Frank mette a rischio i suoi soldi e la sua stessa vita, ovvero il nada.
Due miliardi che girano in un attimo, quaranta milioni di dollari che entrano nelle tasche di Frank. Ma di questo denaro non gli importa nulla. Ciò che conta per lui è solo la velocità con cui tutto si trasforma e cambia, questo denaro che diventa altro denaro e trascina nella corrente la vita di tutti quanti. Solo lui, come Rudolf Hess, chiuso nel carcere di Spandau, ultimo alchimista, non ha nulla a che fare con questo mondo che va a pezzi.
L’azione parte da Dubai un venerdì imprecisato, si sposta a Helsinki, a Londra, nella campagna del Lussemburgo, per chiudersi a Parigi, un viaggio fra i lupi dell’alta finanza che si sbranano a vicenda, che dura il tempo di un fine settimana. Un finale che non dà certezze “perché è inutile cercare un senso”.
Frank de Jung non è l’eroe classico, anzi lui sa, volutamente, come rendersi sgradevole. Frank, lucido e surreale, combatte per se stesso, è isolato, cupo, chiuso nel mondo che si è creato perché è l’unico che gli consente di sopravvivere, circondato dalle sue due ossessioni: l’amore per un trans e l’ammirazione per Rudolf Hesse, il gerarca nazista relegato per anni nel carcere di Spandau. Maniaco, nella sua introspezione, Frank “non ama le case: le case sono l’infanzia, le case sono la famiglia, le case sono la morte, cose che esistono solo nei romanzi russi o di ebrei newyorkesi.”
Il libro si legge d’un fiato sul filo di una trama coinvolgente, nonostante già dalle prime pagine la lingua settoriale, degli ambienti economico/bancari, potrebbe frenarne il ritmo per chi non è un esperto. Ma, i colpi di scena che si susseguono catturano il lettore fino all’ultima pagina. La narrazione è portata avanti con continui flash back che servono a legare i fili con cui è intessuto passato e presente. Pochi flash bastano a dare un’idea della personalità di Frank de Jung e del suo vissuto.
Un libro che, al di là della finzione narrativa, fa riflettere.
Consigliato a chi ama porsi delle domande, a chi non crede a tutto quello che diffondono i media, a chi non conosce il linguaggio economico bancario e vuole capirci qualcosa, ai difensori della lingua italiana, come me, che possono comunque ricredersi, se assaliti dalla noia, perché la lingua non è un sistema immutabile, ma è in movimento continuo, una scambio fatto di dare e ricevere.
Giusi R.
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