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Recensione a cura di Stefano Chemelli

Il libro degli amici, Elio Pecora, Neri Pozza

Elio Pecora
Il libro degli amici

ISBN 978-88545-1334-1
Pagine 144
Euro 15,00

 

Un libro degli amici ma anche un romanzo di formazione. Così appaiono queste 142 pagine che Elio Pecora consegna al lettore in una sorta di bilancio assorto e limpido, leggero e intriso di un’umanità così ricca da svelarsi con un tratto di penna felicissimo anche nei marosi di un’esistenza piena. Composto di getto sotto l’influsso non proprio benevolo di una sciatalgia estiva, il resoconto di una vita conduce nel viluppo di un’accelerazione romana durevole dall’ormai remoto settembre 1966, dall’affaccio quasi privilegiato della libreria Bocca di piazza di Spagna dove i conversari professionali di Elio Pecora sostenevano un respiro pregno di cultura destinati ad aprire un dialogo di frequentazioni, conoscenze, occasioni.

Roma abitata, vissuta, esplorata, anche nel peregrinare tra le diverse locazioni (dal 1970 al 1991 la casa di via dei Lucchesi, dopo cinque traslochi), le differenti esperienze, tra recensioni, il cinema, le visite agli amici, i convivi, le mostre, gli appuntamenti, la poesia, le telefonate, i camminamenti intrecciati allo scambio di parole, espressioni, sensazioni.

Ida Magli, Elena Croce, Toti Scialoja, Edoardo Cacciatore, Laura Betti, Luce D’Eramo, Anna Amati… aprono un florilegio della memoria quasi straordinario, ma ciò che colpisce è l’intarsio liminare evocato in un ordito di persone, collaborazioni, lavoro, passioni, conflitti, che lasciano sempre il passo a un tratto distinto ed elegante del ricordo vivo, rispettoso, ironico, sorridente, mai risentito. Netto nel riconoscere contraddizioni ed asprezze, caducità ma anche leggerezza, felicità, letizia e intelligenze. Merita di essere citata Natalia Ginzburg: basterebbe il fatto che è unica in un ginepraio di esseri pensanti ad apprezzare anche altri colleghi; un dato che conferma l’invidia ai vertici dell’italiano di ogni epoca, stirpe, rango, in un libro che avrebbe meritato un indice dei nomi vista la sontuosità dei noti e dei meno noti, nel reticolo delle affiliazioni e delle confidenze mai gratuite.

C’è molta memoria e poco oblio verrebbe da dire, ma Elio Pecora è un maestro della discrezione e del tatto, anche se sa essere puntuale con la levità di un istante. Eppure il suo libro degli amici, molto diverso da quello di Hofmannsthal ma di altrettanta leggibilità aurea, tracima mantenendosi misurato nel sussiego del letterato colto, erudito e mondano, attento osservatore di interiorità e dettagli.

La resa non di rado si rivela una conquista. E arrendersi può significare riappropriarsi del molto o del poco che ci è stato dato e che abbiamo saputo cogliere e accogliere.

Un uomo del 1936, poeta, prosatore, saggista, autore di testi teatrali e di poesie per l’infanzia, critico letterario, tramanda non solo un’introduzione fluorescente, seguita da una decina di ritratti, ma una “chiusa” altrettanto interessante.

Scrivo su fogli rigati, in un giardino lontano da Roma. Giova alla scrittura la lontananza. È un luglio d’afa, un vento sudato muove svogliato l’argento degli ulivi. Abbai oltre gli orti, un esteso brusio per le colline, nubi slacciate avanzano lente, un motore arrota dalla pianura. Forse qui sarà possibile scrivere di anni che si presentano vuoti, confusi. Li ho abitati fino a ieri e ierlaltro, li ho camminati, dormiti, mangiati.

disfacimento del tempo traversato, che pure è il tempo del mio restare.

Tornerà qualcuno in questo giardino a tagliare le dalie secche, a rimirare le ombre che filtrano dal loto sulla tuia e sul melograno?

Un mondo impensato fluttua negli spazi.

Sono alcune battute lette tra le ultime undici pagine dall’intonazione riflessiva, problematica, enigmatica. Qual è “la fodera del mondo” sembra chiedersi Elio Pecora interrogandosi nel profondo. Prima aveva dato spazio agli amici, i protagonisti del libro: Wilcock, Elsa Morante, Bellezza, Amelia Rosselli, Moravia, Palazzeschi, Penna, Elsa de’ Giorgi, Paola Masino, Francesca Sanvitale.

Sono ritratti essenziali, la prosa asciutta, rigorosa, la vita nelle schegge di frequentazione, dell’accettazione e dell’accoglienza che non esclude il conflitto, l’incomprensione.

Wilcock e Penna vengono accomunati per il senso di egocentrismo ed egotismo che emanavano, ma era qualcosa di estremamente particolare. Come peculiare è stato il rapporto difficile con la Morante, non con la sua opera. Dario Bellezza è poeta di un’amicizia ventennale costellata da un umore veemente e imprevedibile, sono cinque pagine emblematiche per profondità e distacco simultaneo. L’intensità della vera conversazione – nell’incontro – è avvenuta con Amelia Rosselli, nella sua singolarità icastica e molteplice, “voce calda, tenera, aspra, spietata: tastiera d’organo, viola vibrante, flauto avanzante in un Erebo sconfinato, viatico amabile e doloroso”, tra pensieri chiari e sottili ironie. C’è un grande affetto per Moravia (quanto per Penna), la sua intelligenza e la sua curiosità affollano un ricordo istantaneo, hanno riempito i suoi giorni al pari di chi l’ha avuto come amico. “Ingovernabile propensione empatica” autodefinisce Elio Pecora la sua innata capacità di entrare nelle pieghe dei propri interlocutori, nel caso di Palazzeschi ne ritrae solo beneficio, per l’immediata sintonia che accompagna l’uomo anche attraverso la sua pagina, mai dimenticando la persona, l’aspetto umano nel suo più alto grado.

Sopra Sandro Penna c’è anche un Meridiano che parla (per la cura di Roberto Deidier, con una esemplare cronologia dello stesso Pecora), un volume di straordinaria qualità e cura, ricordando pure la biografia che Pecora fece uscire da Frassinelli nel 1984. Anche per Elsa de’ Giorgi, Elio Pecora e Roberto Deidier, con Adelaide Cioni, hanno giocato un ruolo importante per proporre da Feltrinelli “Ho visto partire il tuo treno”, uno spaccato novecentesco che Elsa de’ Giorgi ha affrescato da par suo, chiarendo il suo importante rapporto con Italo Calvino ma anche molto altro.

Paola Masino esce malconcia dalle quattro pagine a lei dedicate, Francesca Sanvitale decisamente è nelle grazie dell’autore (“l’ho sentita e vista senza maschera, mai atteggiata”) ma lo sguardo di Elio Pecora raramente sfuoca il bersaglio. Anzi, per quel poco che lo conosciamo, vi è un’acutezza di pensiero e di scrittura che viene da un raziocinio esigente dapprima con se stesso. Tagliente come una lama ben conservata, ma di umanissima fattura.

L’AUTOREElio Pecora

Elio Pecora è nato nel 1936, vive a Roma dal 1966. Ha pubblicato libri di poesia, di prosa, di saggistica, testi teatrali, poesie per l’infanzia. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea e raccolte di fiabe popolari. Ha collaborato a lungo per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste e ai programmi culturali della Rai. Dirige la rivista internazionale «Poeti e Poesia».

di Giusi Radicchio

Sfogliando i giornali cartacei ed elettronici mi è capitato, in questo mese di maggio, di leggere più di un titolo che ricordava il Maggio Francese del 1968, mese che vide la nascita della rivolta della gioventù studentesca.

chansons des filles de mai, Alba De Céspedes

Quando nel 1968 Alba De Céspedes, conosciuta e affermata in Italia, si trasferisce definitivamente a Parigi, è già pregna della cultura e della lingua francese, avendo in precedenza vissuto a lungo in Francia con la zia paterna. Legata agli intellettuali parigini, stringe un rapporto di fiducia particolare con le Éditions du Seuil, che diventa il suo editore francese. Vive nel Quartiere Latino e la ventata del movimento giovanile, che prende il via nel marzo del 1968, l’affascina in modo intenso, tanto da rinnovare la vena poetica interrotta nel 1936 quando aveva dato alle stampe la sua ultima raccolta di poesie, Prigionie. Nasce così nel 1968 Chansons des filles de Mai, raccolta pubblicata prima in lingua francese, in seguito in Italia, nel 1970, da Mondadori con il titolo Le ragazze di maggio. La raccolta è tradotta dalla stessa De Céspedes che in questa opera mette in luce la personalità delle giovani figure femminili protagoniste di quella rivolta, a cui l’autrice assiste quotidianamente. Queste poesie della maturità, e degli anni della sperimentazione narrativa, tendono con naturalezza alla prosa, rispecchiando nelle canzoni l’eroismo delle ragazze di maggio.

Di seguito l’introduzione di Alba De Céspedes al “poema” come lei chiama Le ragazze di maggio.

Le ragazze di maggio, Alba De CéspedesDurante i mesi di maggio e giugno 1968, mi trovavo a Parigi, in uno studio di rue de Tournon, sulla rive gauche, a due passi dalla Sorbona, da Saint-Germain-des-Près, nel quartiere dov’è scoppiata la rivolta degli studenti e dove avevano luogo i loro scontri con la polizia. Lavoravo al mio nuovo romanzo, e ho l’abitudine di lavorare di notte; ma, dai primi di maggio, il silenzio notturno era lacerato da scoppi di granate, da detonazioni, da grida, dal rumore di passi in fuga, che mi distraevano dal mio libro. Non facevo altro che seguire ciò che accadeva attorno a me: rimanevo per ore al transistor, ascoltando le notizie che i radiocronisti trasmettevano direttamente dal Quartiere Latino.
Di giorno uscivo, mi recavo alla Sorbona, all’Odéon, assistevo ai dibattiti, alle riunioni, e lì come nelle strade devastate, disselciate, ingombre di automobili carbonizzate e puzzolenti di gas, incontravo i giovani rivoluzionari, li interrogavo, li spingevo a parlare. Più loquaci, le ragazze divenivano ai miei occhi le protagoniste di quella rivolta che fu il primo segno spontaneo e inequivocabile della lotta che sta cambiando la nostra società; forse perché la donna per sua natura esprime con passione le proprie idee, i propri sentimenti, e affronta con una sorta di eroismo ogni vicenda della propria vita.
Quelle notti, quei giorni, quegli incontri, di cui a tutta prima volevo soltanto prendere nota, in italiano, nel mio diario, si sono invece presentati a me come momenti di un unico poema, che mi è venuto naturale scrivere nella lingua, anzi con le stesse parole, di coloro che lo hanno vissuto; e che oggi ho riscritto in italiano.

Il Maggio francesePer caso, proprio a ridosso di quelle letture, ho ritrovato un articolo in cui Elsa de’ Giorgi recensiva la raccolta poetica di Alba De Céspedes, Chansons des filles de mai, dedicata alla ragazze parigine e alla loro lotta.

Alba De Céspedes, Chansons des filles de mai, aux Éditions du Seuil.
Recensione di Elsa de’ Giorgi.
Da «Opera aperta» n.15-16 anno V, agosto 1969.

Était la bûcher de cette liberté
a paier
de mai? Ou était-ce
simplement l’aurore?
Javais peur
de me le demander

Questo è il senso più profondo di queste belle canzoni poetiche di Alba de Céspedes. Esse meriterebbero di esser musicate in una marcia franca e giovane per entrare nelle orecchie e nel cuore di quei ragazzi infrolliti dalle canzonette di S. Remo. Sono una reazione di giovanile speranza, di lealtà, di saggia e mesta ribellione all’ordine ipocrita delle ipocrite democrazie. C’è il ribrezzo della forza bruta costituita, il sentimento della libertà come fede proibita: la trepidazione di portare la libertà al di sopra delle ipocrisie delle strutture.
Non a caso queste belle canzoni più che poesie sono scritte da una donna che come Alba de Céspedes ama e rispetta la vita. Rispetta soprattutto il tremendo impegno a viverla così degenerata da falsi socialismi come l’abbiamo consegnata ai giovani.

Nos garçon sont grands et maigres,
ils ont des bountons,
des mains rouges,
des bras ballants,
et des cheveux longs longs

Ce n’est pas toujours facile
avec eux;
ils sont seuls, silencieux
ils n’arrivant jamais ponctuels
aux rendez-vous.
Ils arrivent, pourtant,
ils ne peuvent se passer de nous:
c’est ça l’important.

Questo è l’importante. Che essi arrivino anche se non puntuali. La puntualità è un elemento burocratico. Essi non lo possiedono.
Per questo si pensa che la loro rivoluzione sia fallita, vinta dall’ordine costituito, di destra e di sinistra, che nel maggio scorso in Francia si è dato la mano. Ma essi arriveranno, proprio quando si sarà persa la speranza di vederli arrivare. Perché arriveranno senza violenza. Nella loro disperazione di noi, dei nostri sistemi, sta la loro speranza e la nostra in loro.
Alba è una donna. E solo una donna intellettuale può capire i giovani. Non la fisiologicità delle madri intontolite di sonno borghese e fede nel benessere.
Alba, come già Elsa Morante nel “Mondo salvato dai ragazzini”, sente che nei capelli allungati dei ragazzi, nella loro diffidenza e ribellione al mondo com’è, è la speranza.

Aurora o semplicemente un cielo
[rosato dal maggio?]
«Mais les femes-ont le coeur
[Plus grand»]

E i ragazzi hanno bisogno di essere amati dalla madre anche se si incontreranno con lei, senza darsi niente, sfiorandole la mano e poi riprenderanno un cammino differente.

Je t’aime, mère,
Comme nous pouvons aimer
Aujourd’hui:
Sans émotion et sans merci.

Queste madri anche quelle dei “gars” non sanno ancora (e forse non ha importanza che lo imparino perché per loro è troppo tardi ed è inutile preoccuparsi di fare una educazione ai padri e alle madri, questo è inutile) quello che importa è che i ragazzi e le ragazze pensino allo stesso modo e tutti insieme sappiano che il sangue dei neri dei gialli dei bianchi è uguale e forse bisognerà versarlo insieme dietro le barricate perché quelli di là, i poliziotti, tra cui ci sono le madri, i padri lo vedano insieme e capiscano che è idiota farlo versare: perché è il sangue dei loro figli, delle loro ragazze.

«Io vorrei scrivere poesie la/
sera/
ma non posso. Mi fanno tradurre i testi/
Pubblicitari/
di una crema di bellezza/

E ho paura di abituarmi/
ad andare aventi così/
fino alla morte».

È la pietà per questi giovani il tema quasi straziante dei canti della De Céspedes: un tema d’amore e cioè d’intelligenza. E con l’intelligenza d’amore andrebbero meditati. Ne consiglierei la lettura a tutti i politici di ogni parte del mondo, la dizione ad alta voce nelle scuole, nelle caserme, nei parlamenti e ove non ci sono parlamenti , ci sia il canto per le strade ad accompagnare il tragico fumo dei Bonzi di Praga.
Migliaia di congressi in ogni paese del mondo ci danno ogni giorno triste certezza della umana ipocrisia e dell’indifferenza di chi detiene il potere e, per l’opportunità di mantenerlo, finge interessi che non ha: una donna poeta e civilissima è riuscita a farci piangere d’intelligenza e di rimorso per i problemi di una generazione della quale non sappiamo immaginare l’avvenire e alla quale vogliamo impedire di immaginarlo diverso da un presente che ci ripugna e da un passato che ci eravamo vantati di avere rinnegato.

Il Comune di San Felice Circeo, cittadina sul litorale pontino, si sta preparando a ricordare e rendere omaggio all’artista Elsa de’ Giorgi, nel centenario della nascita, ospitando un convegno a lei dedicato sabato 22 marzo 2014

Nata a Pesaro, Elsa de’ Giorgi aveva eletto il Circeo, a suo rifugio privato, lei che il mare lo custodiva nell’amima, come sua fonte di gioia ed energia. Elsa adorava il mare e lo considerava la sintesi dell’universo. Il suo sogno di ragazza era di vivere in una casa sul mare.

Al Comune di San Felice Circeo Elsa de’ Giorgi aveva donato libri con dediche autografe, oltre alla sua collezione di ritratti opera dei più grandi artisti italiani, amici che si riunivano nella sua villa, soprattutto il 26 gennaio di ogni anno per celebrare il compleanno di Elsa.

Il convegno sarà organizzato da PTS Art’s Factory in collaborazione con Made in Tomorrow, che realizzerà un ebook con contenuti multimediali e interviste video a persone che hanno conosciuto Elsa De Giorgi.

Elsa De Giorgi

Il 26 gennaio 2014 ricorre il centenario della nascita di Elsa de’ Giorgi, attrice di cinema, teatro, scrittrice, regista, donna di grande intelligenza e cultura.

Elsa De Giorgi con Angelo Musco nel 1934 sul set del flm L’eredità dello zio buonanima.

La Rai, sul sito Scrittori per un anno dedica una pagina a Elsa de’ Giorgi dove è possibile vedere alcuni video della scrittrice. Di lato un fermo immagine del film Ma non è una cosa seria, tratto dall’omonima commedia di Luigi Pirandello e diretto da Mario Camerini nel 1936, con un giovanissimo Vittorio De Sica.

Elsa Giorgi Alberti, in arte Elsa de’ Giorgi, nasce a Pesaro il 26 gennaio 1914. Nel 1933 il regista Mario Camerini la scrittura per il ruolo di protagonista nel film T’amerò sempre. Il suo ingresso nel mondo cinematografico segna anche l’ingresso nel mondo letterario. Così, negli studi della Cines, conosce Alberto Moravia, Carlo Levi, Mario Soldati e lo stesso Emilio Cecchi. Risale a questi primi anni a Roma l’incontro con Anna Magnani alla quale Elsa rimarrà legata per la vita da profonda amicizia. Alla fedele amica, l’Elsa scrittrice dedicherà l’intero capitolo nove nel libro Ho visto partire il tuo treno pubblicato nel 1992.

Nel 1936 gira il film Ma non è una cosa seria, tratto dall’omonima commedia di Luigi Pirandello e diretto da Mario Camerini. Dopo aver interpretato innumerevoli film, nel 1940 Elsa con una drastica scelta entra nella compagnia teatrale di Andreina Pagnani e Renzo Ricci. Per l’attrice inizia un triennio di intenso impegno sul palcoscenico che le consente di approfondire gli studi teatrali e la conoscenza con Renato Simoni, critico teatrale e firma prestigiosa del «Corriere della Sera».

Durante l’occupazione della città di Roma, nella sua casa di via Fauro, salotto frequentato da artisti e letterati, accoglie amici e rifugiati antifascisti, rischiando anche la vita. Nel 1945 Elsa, tramite l’amicizia con Massimo Bontempelli e Paola Masino, conosce il conte Sandrino Contini Bonacossi, eroe partigiano della Resistenza fiorentina. Il loro sentimento di stima e amicizia sarà coronato con le nozze celebrate a Roma il 31 luglio del 1948. Nei primi anni di matrimonio Elsa si allontana dal cinema e in parte dal teatro per dedicarsi alla scrittura e nel 1950 pubblica il saggio Shakespeare e l’attore. Nell’estate del 1954, comincia a dedicarsi anche alla scrittura poetica, una pratica che l’accompagnerà per tutta la vita.

Il 1955 sarà un anno che sconvolgerà la vita di Elsa de’ Giorgi: mentre è impegnata nella stesura del suo primo romanzo, I coetanei, il 27 luglio, tre giorni prima del loro settimo anniversario di matrimonio, scompare in circostanze misteriose il marito Sandrino. Inizia una lunga e tormentata battaglia legale con gli eredi Contini Bonacossi, battaglia che Elsa porterà avanti per tutta la vita.

Nel frattempo il romanzo I coetanei viene pubblicato fuori collana per “I Gettoni” di Einaudi, con una nota introduttiva di Gaetano Salvemini. La copertina è disegnata da Carlo Levi. Lo scrittore Italo Calvino ne cura l’editing. Il libro vincerà il Premio Viareggio opera prima. L’incontro con Calvino si trasformerà in seguito in un legame che durerà circa tre anni. Dopo la rottura con Calvino Elsa continuerà il suo lavoro di scrittrice. L’impegno nel teatro la porterà alla fondazione della scuola di recitazione “Il Vivaio”, e si cimenterà anche con la regia teatrale e cinematografica.

Il 17 ottobre 1975 Sandrino Contini Bonacossi viene trovato morto nel suo appartamento di New York. Il referto parla di suicidio ma Elsa non è convinta di come si siano svolti i fatti. Dopo neanche un mese muore anche Pierpaolo Pasolini, suo amico fraterno per il quale aveva accettato di interpretare la voce narrante de “La dama crudele” nel controverso film Salò e le 120 giornate di Sodoma. Nonostante le vicende dolorose che la colpiscono, Elsa non abbandona mai il lavoro e nel 1985 fonda “Il Laboratorio di Arti Sceniche e tecnologie avanzate”, a Bevagna in Umbria.

Una lunga e accurata ricerca documentaria porta alla pubblicazione, nel 1988, del libro L’eredità Contini Bonacossi: l’ambiguo rigore del vero, saggio-testimonianza sulla vicenda che ruota intorno alla scomparsa del marito. Il libro provoca polemiche, in particolare per i riferimenti alla relazione sentimentale di Elsa con Italo Calvino. La scoperta, da parte della stampa, dell’esistenza del carteggio Calvino-de’ Giorgi, suscita una serie di polemiche che si concludono con il divieto di pubblicazione delle lettere per volontà della moglie dello scrittore, Esther Calvino.

In seguito il “Fondo manoscritti dell’Università di Pavia”, diretto da Maria Corti, acquista le lettere di Italo Calvino a Elsa de’ Giorgi. La notizia viene pubblicata con gran clamore dalle principali testate giornalistiche. Per mettere a tacere chiacchiere e pettegolezzi Elsa dà alle stampe, nel 1992, Ho visto partire il tuo treno. Il libro vuole essere un racconto concreto e fedele, sulla traccia di stralci delle lettere di Italo Calvino, del loro incontro nato negli ambienti culturali degli anni ’50.

Il 12 settembre 1997 Elsa de’ Giorgi, ammalatasi gravemente, si spegne a Roma. Viene sepolta a Bevagna nella tomba di famiglia. La sua ultima fatica, il romanzo Una storia scabrosa, uscirà postumo, edito da Baldini&Castoldi.

Il giornalista Tullio Kezich disse di lei “una formidabile memorialista a torto oscurata dalla diva” nell’articolo uscito sul «Corriere della sera» il 7 dicembre 1992, in occasione della pubblicazione del libro di Elsa de’ Giorgi Ho visto partire il tuo treno e della riproposta del libro I coetanei.

mestierelibro nel corso del 2014, per ricordare Elsa de’Giorgi, proporrà approfondimenti, articoli e recensioni.

Giusi R.

Locandina Le scrittrici

 

Mercoledì 5 giugno 2013, alle ore 15,  presso il Museo dell’arte Classica-Aula Odeion della Sapienza – Università di Roma si terrà la conferenza:

Lavori in corso all’archivio del Novecento: le scrittrici

a cura del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Inteculturali della Facoltà di Lettere e Filosofia.

In particolare si illustreranno i lavori in corso sui Fondi di Luce d’Eramo, Paola Masino ed Elsa de’ Giorgi, conservati presso l’Archivio del Novecento.

L’incontro è occasione di confronto sui risultati delle recenti ricerche svolte presso l’archivio del Novecento della Sapienza sulle opere e le personalità delle intellettuali italiane, tra le quali, Fausta Cialente, Luce d’Eramo e Gianna Manzini. Le pubblicazioni oggetto di dibattito sono state elaborate dai ricercatori nell’ambito del progetto Firb 2006 ancora in corso.
Interverranno Marina D’Amelia, docente di Storia moderna, Marco d’Eramo, giornalista, Elio Pecora, poeta e scrittore e i membri del gruppo di ricerca.