Archivio per novembre, 2013

«Credo che sempre scriviamo di qualcosa che non sappiamo: scriviamo per rendere possibile al mondo non scritto di esprimersi attraverso di noi… Dall’altro lato delle parole c’è qualcosa che cerca di uscire dal silenzio, di significare attraverso il linguaggio, come battendo colpi su un muro di prigione.»

(dalla conferenza “Mondo scritto e mondo non scritto” tenuta a New York da Italo Calvino, nel 1983)

mestierelibro presenta

I nuovi corsi  “i mestieri dell’editoria” che partiranno nel mese di febbraio 2014. Tutti i lunedì a partire dalle ore 18:00

Incontri a tema per svelare vecchi e nuovi segreti del processo editoriale

I corsi si terranno a Roma, presso il Teatro Studio Uno, via Carlo della Rocca, 6

Lunedì ore 18:00-20:00

Sono previsti 10 incontri, un giorno a settimana, per un totale di 20 ore

più un incontro preliminare a titolo espositivo

senza alcun impegno da parte dei partecipanti

costo complessivo del corso 160 euro

Iscrizione gratuita

Gli incontri prevedono una parte teorica, un laboratorio e due uscite

Da quest’anno i laboratori si terranno anche presso la Biblioteca Comunale di Monterotondo (Rm)

Sono previsti 4 incontri a cadenza settimanale, ore 18:00-19:30, per un totale di 6 ore. Data e giorno da stabilire.

costo complessivo del corso 60 euro

info: mestierlibro@gmail.com

programma

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne vorrei ricordare un libro di Dacia Maraini, L’amore rubato, uscito nel 2012.

L' Amore rubato

Dacia Maraini, L’amore rubato,

coll. Scala italiani, Rizzoli, 2012,

ISBN 978-8-81-706081-3.

L’amore rubato è una raccolta che cuce insieme otto racconti, otto storie prese dalla cronaca e riportate in forma romanzata per testimoniare un allarme sociale, il “femminicidio”, che vede vittime indifese le donne. La lettura del libro scorre facile, una sintassi semplice che non innalza barriere strutturali, quasi a stemperare la crudezza della materia narrata.

L’autrice presentando il libro ribadisce l’importanza di affrontare il tema della violenza utilizzando un differente linguaggio a seconda del mezzo comunicativo che veicola il messaggio. Per L’amore rubato Dacia Maraini ha volutamente scelto un tipo di linguaggio distaccato, non lirico come è nel suo stile, ma adeguato alle storie raccontate e al problema che pongono.

Non c’è bisogno di calcare la mano quando si racconta la violenza, afferma la scrittrice. Ad esempio narratori come Simenon che racconta la società francese con i suoi tic e le sue abitudini o Agata Christie con i suoi gialli, non mettono mai in scena gli aspetti truculenti del delitto. L’interessante del giallo è l’enigma dell’animo umano, delle pulsioni che lo guidano, non il voyeurismo morboso.

Otto storie quindi che raccontano la distorsione dell’amore, quella che confonde il bene con il possesso, che si trasforma in aggressività e trova la donna immobile, nascosta dietro la paura di denunciare e di mettere in mostra la violenza subita.

La donna è abituata per cultura a reprimere la sua aggressività, ma è fondamentale asserire i propri diritti, non la propria aggressività. Così leggiamo della giovanissima Marina che continuerà a cadere dalle scale, fino a quando continuerà a credere alla promessa del marito di non picchiarla più. La storia di Venezia invece è la perfetta immagine della trasformazione di una bambina in oggetto. Accade anche che un gruppo di ragazzi di buona famiglia stuprino una ragazzina, per poi venire assolti, grazie alla difesa che accusa la vittima di essere stata consenziente. Ale invece è combattuta fra dare alla luce il figlio della violenza o diventare essa stessa carnefice. L’unica storia che ha un sorta di lieto fine è quella di Angela, innamorata di Gesuino. Dopo i primi tempi felici, lui inizia a essere tormentato dalla gelosia, una gelosia basata sul nulla che si nutre di se stessa. A questo punto l’amore si trasforma nel diritto alla proprietà. Lui ha paura di perdere la sua proprietà e diventa ossessivo. Alla fine Angela troverà il coraggio di denunciarlo e di salvarsi.

La violenza familiare segue uno schema fisso, che si rispecchia in una ossessione. Occorre sublimare la violenza insita nel genere umano per superarla, ma anche cambiare la cultura, dove i valori non siano dati dal mercato, con la sua visione edulcorata e falsa della realtà, ma chiedersi fino a che punto sia la famiglia a costruire i modelli da seguire o questo compito fondamentale sia sostituito dalla società iconografica.

 Giusi R.

Lunedì 18 novembre alle ore 20 al Cinema Mancini di Monterotondo proiezione del film L’intrepido di Gianni Amelio, per il XXIX Festival delle Cerase. Al termine il regista ha incontrato il pubblico in sala e ha parlato della sua ultima opera, spiegando tematiche e poetiche di un film nato per raccontare l’Italia e la sua problematica quotidiana, nel coinvolgimento di due generazioni in conflitto.

L'IntrepidoL’intrepido di Gianni Amelio

con Antonio Albanese, Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli

sceneggiatura Gianni Amelio, Davide Lantieri fotografia Luca Bigazzi

musica Franco Piersanti

produttore Carlo Degli Esposti

produzione Palomar, Rai Cinema, con il contributo del MiBAC

Italia 2013 durata 1h e 44’

premi e festival

Busan international film festival 2013: world cinema

La Biennale di Venezia 2013: in concorso – premio lanterna magica, premio fondazione Mimmo Rotella

Tiff – Toronto International film festival 2013: special presentations

Festival del cinema italiano di Madrid 2013: lungometraggi

Bfi London film festival 2013: journey

Mostra Internacional de cinema 2013: perspectiva internacional

Il film non si può definire una commedia e la scelta di Antonio Albanese è stata voluta, proprio per rendere più leggera la drammaticità dei temi trattati. Gianni Amelio spiega che con Albanese ho voluto usare la mimica interpretativa dell’attore per fare di Antonio Pane, un disoccupato quarantenne che di mestiere fa “il rimpiazzo”, un personaggio surreale e trasformare il tema della mancanza di lavoro in favola moderna. La mimica surreale è anche un rimando al cinema muto, in particolare nella scena iniziale, a Buster Keaton, con la gag del manovale sui ponti sospesi del cantiere edilizio. O anche al Chaplin di Tempi Moderni nel riprendere i gesti ripetitivi e meccanici della catena di montaggio. Ma il tema del lavoro è solo quello di un primo livello. In Canada al Toronto International Film Festival 2013, si è parlato non tanto del tema della mancanza di lavoro (problema che in Canada non è così impellente) ma del problema delle difficoltà del rapporto tra generazioni, che è il tema del film a un livello più profondo. L’interrogativo è: cosa deve fare un padre in crisi per dare fiducia al figlio, di quali strumenti dispone per accompagnarlo verso la guarigione? La risposta che il regista suggerisce nel finale del film è di servirsi dell’esempio, perché attraverso l’esempio del padre il figlio Ivo può trovare la forza di rinascere. Antonio “rimpiazza” Ivo sul palco e suona il sax, strumento che il ragazzo studia al conservatorio; una scena che può anche essere solo immaginata ma, sia realtà o visione, raggiunge lo scopo. La battuta più bella del film nel finale è quella di Antonio che dice a Ivo: “Cerca di volerti bene”.

All’estero hanno chiesto se in Italia esiste davvero il lavoro del “rimpiazzo”. Ma questa invenzione filmica è solo una provocazione. Antonio è un disegno animato, è un uomo di fantasia, è l’Intrepido, un personaggio che rimanda al giornalino a fumetti che ospitava nelle sue pagine personaggi avventurosi, fantastici e improbabili. Antonio è disegnato, è uno schizzo di fantasia anche se Amelio si augura che un tipo così non esista nella realtà. Quello che importa è il messaggio che questo personaggio veicola: non darsi mai per vinto, ma alzarsi ogni mattina, lavarsi, vestirsi e uscire per essere sempre pronto a ritornare a quel lavoro che dà dignità di uomo. In merito al riferimento a Chaplin a proposito del venditore di rose Amelio dice che ha voluto mostrare quello che avviene intorno a noi tutti i giorni quando incontriamo questi venditori improvvisati, ma soprattutto il degrado continuo di Antonio che arriva a “rimpiazzare” il suo amico africano fino a lavorare in Albania in una miniera: un lavoro terribile, a volte mortale. La provocazione avviene proprio attraverso i paradossi e Antonio è tutt’altro che un personaggio remissivo e rinunciatario, quanto l’estremo di un paradosso: mettersi al posto di un altro è un paradosso.

Dice Amelio: “Ho messo insieme un personaggio talmente scisso dalla realtà che l’unico modo che ha per sopravvivere è adattarsi alla realtà.” Ma la sconfitta maggiore è quella di Lucia incapace di vivere il suo presente e L’intrepido è un film pieno di domande, spesso senza risposta, così come lo è la realtà di oggi.

“La mia scena preferita – dice Amelio – per cui darei via 3 o 4 film che ho fatto è la sequenza in cui Antonio fa il badante e per convincere l’anziana donna a mangiare gli parla dell’amore che toglie l’appetito, e spiega l’amore con la metafora del solvente che si passa sui tavoli da giardino…”

La chiave di tutto il film è la tenerezza di questo personaggio surreale, mentre l’elemento più crudo è proprio il mondo dei ragazzi che nel film non s’incontrano mai, separati da un muro invisibile. Antonio ha alle spalle un passato di crescita e quindi ha gli strumenti per affrontare e superare il presente, anche quello più crudele, i giovani ne sono sprovvisti e ne escono devastati e feriti.

Un film non facile ma intenso, che spinge a riflettere e a porsi interrogativi su quanto accade oltre il personale vissuto da ciascuno di noi.

Giusi R.

Lunedì 25 novembre 2013 ore 20

Cinema Mancini Monterotondo

Proiezione film

ANNI FELICI

di Daniele Luchetti

La prevendita dei biglietti presso le librerie di Monterotondo
XXSMALL a P.za del Popolo
UBIK a Via Adige, 2
Al botteghino del Cinema Mancini dal sabato antecedente la proiezione

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film di Rocco Papaleo con Rocco Papaleo, Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza, Giuliana Lojodice, Giovanni Esposito, Giorgio Colangeli, Mela Esposito, Giampiero Schiano

Sceneggiatura Rocco Papaleo, Valter Lupo

Fotografia Fabio Zamarion

Musica Rocco Papaleo, Rita Marcotulli

Produzione Paco Cinematografica, con il contributo del MiBAC, con il sostegno Regione Lazio Italia 2013

image001Lunedì 11 novembre, a Monterotondo, per il XXIX Festival delle Cerase, visione del film Una piccola impresa meridionale e incontro con il suo regista e protagonista Rocco Papaleo e lo sceneggiatore Valter Lupo.

Il film racconta la storia di Don Costantino, un prete (Rocco Papaleo) che torna in Puglia dalla madre dopo essersi spretato. Mamma Stella, (Giuliana Lojodice) ex maestra rigida e severa, non vuole che in paese si sappia della decisione del figlio, anche perchè un altro scandalo si è già abbattuto sulla famiglia: Rosa Maria (Claudia Potenza), sorella di Don Costantino, ha lasciato il marito Arturo (Riccardo Scamarcio) per scappare con uno sconosciuto amante. Così Costantino viene confinato in un vecchio faro, antica dimora della famiglia. Ma l’isolamento dell’ex prete dura poco perchè un po’ alla volta arrivano al faro una serie di improbabili coinquilini.

Un commedia che fa ridere ma anche riflettere. Coadiuvato nella scrittura da Valter Lupo, Rocco Papaleo, con la sua comicità quasi stralunata, affronta temi che ci sfiorano tutti i giorni, come l’omosessualita, l’ipocrisia o la società bigotta, ma tema dominante è soprattutto la capacità di rimettersi in gioco, unita alla voglia di ricominciare.

Un valore aggiunto l’accompagnamento jazz di Rita Marcotulli insieme alla musica di Papaleo. Bella la fotografia di Fabio Zamarion che indugia su panorami mozzafiato, ma soprattutto sul mare, facendone un coprotagonista assoluto. Un cast azzeccato in cui spicca la bravura di Giuliana Lojodice in un’interpretazione perfetta. Racconta Papaleo che nonostante le origini pugliesi dell’attrice è stoto necessario un coacth per riappropriarla della cadenza pugliese, così come lui e Scamarcio hanno dovuto raggiungere un compromesso fra pugliese e lucano.

L’unico appunto da fare al film è forse nel finale che può risultare scontato rispetto alle premesse iniziali, ma che nulla toglie alla poetica di Papaleo.

Giusi R.

Prossimo appuntamento cinema Mancini, Monterotondo

Lunedì 18 novembre ore 20 proiezione del film

L'Intrepido

di Gianni Amelio

incontro con il Maestro

GIANNI AMELIO

conduce FRANCO MONTINI

La prevendita dei biglietti presso le librerie di Monterotondo
XXSMALL a P.za del Popolo
UBIK a Via Adige, 2
Al botteghino del Cinema Mancini dal sabato antecedente la proiezione

Masterpiece un talent per tutte le età

Inizia domani 17 novembre in seconda serata su Rai3 un nuovo talent. Niente di nuovo verrebbe da dire, ma non è proprio così perché il talent si chiama Masterpiece, i concorrenti sono aspiranti scrittori e il premio in palio è la pubblicazione della propria opera per la casa editrice Bompiani in coedizione con Rai Eri e e la presentazione al Salone del Libro di Torino 2014

A partire dal mese di luglio il direttore di Rai3 Andrea Vianello ha iniziato a parlare del programma su twitter, non senza riscontro perché il 24 agosto 2013, allo scadere dei termini di partecipazione, i concorrenti iscritti erano circa 4.919. Le polemiche non sono mancate fra sostenitori e denigratori del programma, compreso il toto nome fra i possibili scrittori chiamati a sostenere il ruolo di giudici. Infine si è composta la terna finale, composta da:

Giancarlo De Cataldo – magistrato, sceneggiatore e scrittore, conosciuto dal grande pubblico per Romanzo criminale

Andrea De Carlo – scrittore milanese autore di 17 romanzi, esordisce nel 1981 con Treno di panna

Taiye Selasi – nata a Londra da padre ghanese e madre nigeriana, che ha appena esordito con La bellezza delle cose fragili, romanzo pubblicato da Einaudi.

Il ruolo di coach è stato affidato a Massimo Coppola, già conduttore tv ed editore.

Le prime selezioni hanno sfoltito la schiera di aspiranti scrittori lasciandone in gara ottanta, diventati infine solo ventiquattro.

Il programma va in onda in differita per cui, negli ultimi giorni, sono state svelate anticipazioni e curiosità come l’identità dei concorrenti e i nomi dei romanzi in concorso. Quello che più incuriosisce è l’età degli aspiranti scrittori, quasi in controtendenza con quanto ci si aspetta da un talent. Solo il 3,2% ha meno di 20 anni, il 17,8% ne ha più di 60, la fascia più presente è quella tra i 31 e i 40 anni (23,4%). L’autore selezionato più anziano è Riccardo di Raimondo (nato il 15 marzo 1922, presenta La ritirata di Russia), la più giovane è Lara Manfredi (nata il 29 marzo 1999, presenta Lui).

Aspettiamo domani sera per giudicare, criticare o approvare questa sfida.

Giusi R.

XXIX Festival delle Cerase. Lunedì 4 novembre abbiamo assistito presso il cinema Mancini di Monterotondo alla proiezione di Sacro Gra, il film-documentario di Gianfranco Rosi, vincitore del Leone d’Oro alla 70ª Mostra del cinema di Venezia.

sacro graSceneggiatura Gianfranco Rosi

Fotografia Gianfranco Rosi

Produzione Doclab, Rai Cinema, con il contributo del MiBAC

Distributore OFFICINE UBU Italia/Francia 2013 durata 1h e 20’

premi e festival

BUSAN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2013: World Cinema

LA BIENNALE DI VENEZIA 2013: In Concorso – Leone d’Oro, Leoncino d’Oro Agiscuola

Rosi ha girato il film lungo i 70 chilometri dell’anello urbano che circonda Roma, il GRA appunto, progettato dall’ingegnere Eugenio Gra da cui prende il nome, ma anche acronimo di Grande Raccordo Anulare.

Il regista ha così commentato la vittoria, seppur accolta con qualche dissenso in sala: «È già stato un meraviglioso risultato arrivare in concorso a Venezia con un documentario, voglio ringraziare giuria e soprattutto il presidente Alberto Barbera. È stato un atto di coraggio rompere la breccia che divide documentario e opere di finzione: documentario è cinema. Ho iniziato ad amare Roma attraverso il raccordo. Il premio lo dedico tutto ai personaggi del film che mi hanno lasciato entrare nella loro vita con generosità immensa»

E la visione del film conferma quanto affermato dal regista: Sacro Gra non è il classico documentario, non è didascalico né didattico, nessuna colonna sonora se non il frastuono continuo e assordante del traffico, nessuna voce narrante se non quella degli interpreti delle microstorie che vivono la loro quotidianità ai margini di una periferia invisibile. E sono proprio Le Città invisibili il libro che Rosi dice di aver portato con sé quando preparava il film, perché il libro di Italo Calvino è un racconto di viaggi ma anche una storia sulle relazioni fra un luogo e i suoi abitanti.

Sacro GRA è un film dalla regia molto sofisticata corredata da una superba fotografia che, senza alcuna classificazione di genere, narra un giorno qualsiasi lungo il raccordo anulare di Roma, dalle ultime luci prima dell’alba fino a quelle del calar della sera, con la visione aerea del serpentone di auto incolonnate lungo l’anello d’asfalto, inquadratura che chiude il film sulle note della poetica canzone Il Cielo di Lucio Dalla.

Giusi R.

Prossimo appuntamento lunedì 11 novembre ore 20:00 con la proiezione del film:

UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE

di Rocco Papaleo

incontro con

ROCCO PAPALEO

conduce DANIELA COCCHI

Io sono nata viaggiando

Pubblicato: 4 novembre 2013 in News

Nei giorni 11, 12, 13 novembre sarà in programmazione nelle sale cinematografiche il docufilm Io sono nata viaggiando, con cui la scrittrice Dacia Maraini fa il suo debutto cinematografico. Il film sarà visibile su Sky il 13 novembre, giorno del compleanno della scrittrice, alle ore 17. Sarà inoltre in programmazione nel 2014 su Rai Cinema.

MarainiScritto e diretto da Irish Braschi, prodotto da Francesco Bizzarri ed Emanuele Nespeca, il documentario è stato dichiarato opera di Interesse Culturale nazionale dal Ministero dei Beni Culturali.

A proposito del viaggio e del viaggiare, nell’incontro dell’8 settembre, in occasione del Festival delle letterature di Mantova, Dacia Maraini dichiarava:

Viaggiare per me è un processo di conoscenza. Naturalmente si rischia qualcosa perché il processo di conoscenza è anche rischioso, perché vuol dire mettere in discussione noi stessi, perché le persone vogliono ritrovare nel luogo dove vanno tutto ciò che hanno a casa, perché non si vuole rischiare. Ma quello non è viaggiare, è “muoversi” stando fermi. E purtroppo il turismo di oggi tende a questo, a proporregli stessi luoghi, gli stessi cibi, con solo qualche piccola particolarità architettonica, qualche resto antico da visitare. Invece bisogna essere pronti a metterei in discussione idee, convinzioni, esperienze. Il viaggio è qualcosa di duro e solo se si viaggia in questo senso si può imparare molto.

Il viaggio vero, rischioso è molto simile al viaggio intellettuale: il viaggio attraverso i libri, la geografia mentale è un viaggio rischioso perché può farci cambiare, mettere in crisi le nostre certezze e questo tipo di viaggio ha bisogno di coraggio. Viaggiare veramente non è mai tranquillizzante, così come non lo è leggere veramente una storia. Dice Ortega Y Gasset, grande studioso di letteratura spagnola, una cosa molto bella: “Entrare in un libro vuol dire impaesarsi” cioè entrare in un paesaggio, e quando siamo veramente ben impaesati in un libro non abbiamo voglia di spaesarci. Addirittura lui dice ” a volte usciamo dai libri amati con le pupille dilatate” come se fosse un’esperienza di droga, di qualcosa che ci trasforma interiormente. Quindi il vero viaggio sia letterario o geografico deve partire dal presupposto che possiamo perdere qualche cosa, che possiamo correre il rischio di mettere in discussione qualcosa a cui siamo affezionati e questo non sempre si ha voglia di farlo.

E questo amore viscerale per il viaggio come processo di conoscenza lo ritroviamo tutto nel documentario per immagini in cui la scrittrice si racconta con questo incipit evocativo

«Io sono nata viaggiando. Il primo sapore che ho conosciuto, e di cui conservo la memoria, è il sapore del viaggio. Un gusto di bagagli appena aperti: naftalina, lucido da scarpe e quel profumo che impregnava i vestiti di mia madre in cui affondavo la faccia con delizia».

Il film si avvale di un collage di filmati storici dell’archivio dell’Istituto Luce, di ricostruzioni di fiction, fotografie scattate dalla Maraini e filmati Super8 girati dalla stessa autrice. Ricreando l’atmosfera della storia personale di un’autrice conosciuta in tutto il mondo, le immagini ricreano il percorso di un viaggio all’interno dei luoghi e della storia di una generazione.

Giusi R.

Lunedì 28 ottobre, presso il cinema Mancini di Monterotondo, proiezione del film Via Castellana Bandiera per il secondo appuntamento con il Festival delle Cerase. Il film, uscito nelle sale il 19 settembre 2013, è reduce dal successo ottenuto alla 70ª mostra del Cinema di Venezia, Coppa Volpi a Elena Cotta per la Migliore Attrice .

castellana bandiera

Regia di Emma Dante

Attori Alba Rohrwacher, Emma Dante, Elena Cotta, Renato Malfatti, Dario Casarolo, Carmine Maringola

Sceneggiatura Emma Dante, Giorgio Vasta con la collaborazione di Licia Eminenti, dall’omonimo romanzo di Emma Dante

Fotografia Gherardo Gossi

Musica Fratelli Mancuso

Italia/Svizzera/Francia durata 1h e 30’

Premio Lina Mangiacapre

Premio Soundtrack Stars per la canzone sui titoli di coda Cumu è sula la strata dei fratelli Mancuso

L’atteso esordio alla regia cinematografica di Emma Dante non ha deluso le aspettative. La scrittrice, drammaturga e regista ha trasportato sullo schermo il suo libro, tratto da un episodio realmente accaduto.

Samira proviene da Piana degli Albanesi e parla l’antico dialetto della comunità greco-albanese. All’interno del cimitero la donna indossa i suoi tanti anni con muta sofferenza mentre compie una serie di gesti quotidiani che riflettono il suo personale rituale: ammorbidire il pane alla fontana, distribuirlo ai cani randagi e poi stendersi sulla tomba della figlia mentre i cani si accucciano nei loculi vuoti, sotto una luce accecante in contrasto con l’abito da lutto calato su di lei come un sudario.

È una giornata afosa, soffia lo scirocco e Rosa e Chiara in macchina si perdono per le strade di Palermo fino ad infilarsi in un vicolo strettissimo ai margini della città per finire incastrate dalla macchina guidata da Samira che viene in senso contrario. Inizia a questo punto un duello senza perché che vede due donne risolute, Rosa e Samira, contrapposte, ma simili nella loro testardaggine, personaggi di una tragedia antica e ancora viva. Nessuna delle due è disposta a cedere all’altra, sotto un sole rovente che brucia il corpo e la coscienza. Entrambe sono spinte da rivalse e dolori ancestrali che si sviscerano in un duello all’ultimo respiro, rappresentazione drammatica fatta di sguardi che urlano nel silenzio immobile di uno stretto budello che è via Castellana Bandiera ai margini della città e della società.

La tragedia si stempera nel finale con la corsa liberatoria degli abitanti di via Castellana Bandiera oltre una meta ignota, verso la macchina da presa che ora riprende non più l’angusta strada iniziale ma una via che si è andata allargando nel corso del film fino a diventare talmente ampia da farci passare una doppia fila di auto. E proprio questa distorsione, resa da un sapiente lavoro di regia, racchiude la metafora del film: la presa di coscienza dell’inutilità dei conflitti, come ha sottolineato la stessa Elena Cotta a fine della proiezione.

Prossimo appuntamento

Lunedì 4 novembre ore 20

SACRO GRA

di Gianfranco Rosi

Film vincitore del LEONE D’ORO alla 70ª mostra del Cinema di Venezia

Giusi R.